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Amici del Medio Oriente
Metti un politico in Terra Santa

In una fase di crisi della politica, Amici del Medio Oriente propone un viaggio in Israele e Palestina pensato proprio per chi è impegnato in questo ambito, aperto a credenti e non

 

La Bibbia, scrive Silvano Fausti, «è parte essenziale del codice culturale dell’Occidente. Leggere la Bibbia oggi ha senso non soltanto per capire da dove veniamo e in definitiva chi siamo, ma perché le storie in essa narrate sono paradigma universale di tutti gli uomini e le donne di ogni tempo». Tra le proposte di viaggio per l’estate 2012, Amici del Medio Oriente ne ha studiata una specifica per credenti e non credenti impegnati nelle istituzioni e nella politica: dal 18 al 25 agosto (info sul sito www.amo-fme.org). Ne abbiamo parlato con padre Paolo Bizzeti, presidente dell’associazione.

Come nasce questa proposta e qual è il suo senso?
Spesso si pensa che la Bibbia sia qualcosa che ha a che fare solo con la religione e le verità della fede o della morale. Invece nelle Scritture sono presenti tutte le dimensioni dell’esistenza: l’amore tra un uomo e una donna, l’educazione dei figli, le domande sui grandi perché della vita, l’identità di un popolo, la giustizia, l’immigrazione. Oggi è evidente a tutti lo scollamento della politica dai cittadini: si impone quindi agli stessi politici di ripensarsi, cercando soluzioni nuove e creative, attingendo magari al patrimonio biblico. Lo si può fare anche restando in Italia, ma andare in Terra santa significa incontrare un microcosmo che riunisce tutte le principali questioni dell’agenda politica.

Quali le tappe più significative del percorso e perché sono state scelte proprio queste?
Le tappe sono state scelte per mettere a contatto i partecipanti con la convivenza tra popoli, culture, lingue e religioni diverse, «rappresentata» in modo formidabile in luoghi come Betlemme e Gerusalemme. Visitando un kibbutz nel Neghev si può comprendere come trasformare il deserto in giardino, riuscendo a interpretare con creatività il proprio territorio. Ancora, il kibbutz potrà utilmente far riflettere sui nostri modelli di democrazia, di partecipazione, di delega, di divisione dei compiti, di bilancio, di solidarietà e così via.

La proposta è estesa anche ai non credenti: qual è l’obiettivo del viaggio?
Il nostro è un itinerario geografico, storico, culturale, umano ma anche spirituale: dunque può avere la valenza di un pellegrinaggio per il credente, ma interessa tutti, credenti e non, perché riguarda questioni a cui nessuno può sfuggire.
Riflettere ed elaborare decisioni proprie è qualcosa che riguarda la qualità della vita di tutti: per il credente tutto questo si traduce anche in una preghiera e in colloquio con Dio, ma tutti hanno bisogno di spazi di silenzio per assimilare ciò che hanno visto e ascoltato. Tutti hanno una vita interiore, anche chi dice di non credere. Altrimenti non saremmo uomini!

Lo stile Amo è centrato sulla condivisione di tempo ed esperienze, sul fare poche cose ma bene, evitando la corsa ai souvenir. Sarà un limite per chi ha in mente un tipo di viaggio più «classico»?
Una cosa è il turismo colto, altra il turismo religioso, altra la curiosità, altra ancora un itinerario come il nostro. Sono tutte espressioni legittime del desiderio di conoscenza e di allargamento di orizzonti dell’uomo. Per lo stile del nostro viaggio raccogliere souvenir o frequentare mercatini non è una priorità. Ma sono convinto che qualcuno troverà il modo di fare un po’ anche di questo!


Elisa Costanzo


© FCSF - Popoli, 1 febbraio 2012