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Jesuit Social Network
Scoprirsi cittadini (del mondo)

Due giovani partecipanti a un corso del Jsn hanno scambiato le loro impressioni; ne è nato un racconto condiviso.

Ritornando da Selva di Val Gardena, in treno, vedo scorrere sotto gli occhi paesaggi meravigliosi. È come se quei luoghi mi separassero dalla mia vita reale, dal mondo di tutti i giorni in un modo tale che il viaggio sembra più assurdo del passaggio in fondo all'armadio per arrivare a Narnia... I pensieri si affollano nella mente, mi sembra di essere arrivato solo ieri, eppure sono successe così tante cose. In pochi giorni ho stretto legami forti con persone prima sconosciute, legami di un'intensità incredibile grazie alla voglia di mettersi in gioco. E tutto perché ci sentiamo accolti, amati!

Ci sono vacanze che scelgo per fare qualcosa di diverso e ci sono esperienze che mi scelgono, mi vengono quasi a cercare per rendermi una persona diversa, migliore, smuovendo le parti più profonde e immobili della vita. Selva è stata entrambe le cose, e in particolare il corso organizzato dal Jesuit Social Network in agosto è stato un riscoprirsi vibrante di fronte alle ingiustizie, abitato da una sana e costruttiva indignazione. Un riscoprire che tutto ciò che mi circonda, tutto l’Umano mi coinvolge, mi appartiene, mi arricchisce e allo stesso tempo mi svela. E quando è così non posso più dire «non mi interessa» e nemmeno posso nascondermi dietro un «tanto io non ci posso far niente», o chinare il capo sul mio piccolo «Io».

Le testimonianze ricevute mi hanno scosso da questo torpore e dato coraggio e speranza: ci si può spendere per un mondo più giusto, c’è ancora gente disposta a prendersi cura del prossimo, le ferite dell’umanità non sono inutili, sta a noi custodirle e farne memoria perché siano monito per costruire il futuro.

In questi dieci giorni i nostri sguardi hanno incrociato quelli di alcuni rifugiati politici, occhi segnati da ferite profonde, ma ancora pieni di speranza; quelli di Marco, che con l’entusiasmo dei suoi vent’anni si impegna per combattere il pizzo a Palermo; gli occhi compassionevoli e determinati di due donne che di notte incontrano ragazze nigeriane costrette a prostituirsi e, offrendo loro tè caldo e ascolto, mostrano che esiste un’umanità altra rispetto a quella dei loro sfruttatori; gli occhi di un operatore sociale che lavora con i senzatetto della città vecchia di Genova cantata da De Andrè.

Abbiamo esaminato i meccanismi economici che reggono la società e la politica; è stato sorprendente scoprire che l’economia non è solo questione di indici e azioni, ma riguarda l’uomo nel suo profondo, nella sua libertà. E toccando le profondità dell’umano, il percorso non poteva che intrecciarsi con sant’Ignazio di Loyola e il suo metodo di discernimento, il «paradigma pedagogico ignaziano» che ci ha avviato alla pratica del «leggere i moti del cuore» prima di ogni scelta consapevole, a partire da quelle quotidiane. Il mio stile di vita, i miei consumi rivelano la mia cura per il mondo e gli uomini.

Ho una consapevolezza nuova, uno slancio ritrovato, una speranza riaccesa. Mi riscopro cittadino del mondo, di un mondo che accetto nonostante i suoi limiti e contraddizioni, perché sento parte di me. Con questo non mi sono trasformato in un supereroe, non ho cambiato radicalmente la mia vita. O forse sì…

Sono tornato da Selva come da Narnia: il tempo sembra essere passato solo lì, sono cresciuto, mentre il resto del mondo è rimasto lo stesso. Il tempo è relativo ed è questa gravità, questa forza che attrae le persone le une alle altre che dilata il tempo: è fisica! Non è un mondo fantastico, anzi è la realtà più vera e non deve restare chiusa in una parentesi. Non sarò certo io a cambiare il mondo ma questo è già cambiato ai miei occhi.


Sara Previtali
Filippo Vandenbulcke

© FCSF - Popoli, 1 ottobre 2014