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Se la donazione è mobile
Sul mobile payment si è scatenata l’attenzione di società di investimento, compagnie di telecomunicazioni, banche, e giù fino ai consumatori più innovativi. Realtà in piena espansione in Corea del Sud e Giappone, sta iniziando a crescere anche in Usa, Europa e altri Paesi.
L’interesse è forte anzitutto perché i valori di mercato in gioco sono enormi: se è vero che con mobile payment ci si riferisce a tutte le iniziative che abilitano pagamenti o trasferimenti di denaro tramite dispositivi mobili come smartphone e tablet, la terra di conquista di questa modalità di transazione è rappresentata da ogni tipo di compravendita, per qualsiasi bene, con qualsiasi mezzo.

Non a caso negli ultimi anni il panorama delle start-up di settore è stato decisamente movimentato. Una di queste start-up è italiana, si chiama Jusp e l’abbiamo scelta per accompagnarci a scoprire le possibilità che questa nuova tecnologia offre a non profit, scuole, volontari, servizi sociali, comunità di territorio, ecc.
Prima di tutto, però, spieghiamo i numeri che hanno suscitato l’interesse attorno a questo mercato, numeri legati alle commissioni su ogni transazione. Vai in libreria per acquistare un libro: siccome non hai contanti, paghi con carta di credito tramite Pos. Il libraio che accetta la carta non incassa il 100% di quanto tu paghi, perché il fornitore della soluzione di pagamento elettronico trattiene una percentuale, diciamo il 3%, sul valore della transazione. Idem per il mobile payment: il gestore del servizio trattiene una percentuale su ogni transazione.

Dove sta la novità rispetto al Pos? Che si può pagare tramite cellulare o tablet, facendo un passo avanti nell’era dell’ubiquità. L’ubiquità è un fattore legato a diffusione, mobilità, connettività e facilità d’uso, tutte cose che uno smartphone garantisce e su cui giocano la partita i grandi nomi che si muovono nel mobile payment, tra cui, solo per citarne alcuni, PayPal, Google, Apple. E Jusp.
Torniamo a Jusp, appunto. La società italiana fondata nel 2011 da due venticinquenni, Giuseppe Saponaro e Jacopo Vanetti, ha sviluppato una tecnologia che legge le carte con chip. Si tratta di un dispositivo che si collega a smartphone o tablet, particolarmente piccolo e funzionale, associato a un’app scaricabile gratuitamente che riceve i dati e gestisce i processi. Lettore e app sono praticamente universali, in quanto pensati per Windows, Windows Phone, iOS e Android. Funziona con Visa, Mastercard, le relative prepagate, i circuiti di debito internazionale V-Pay, Maestro/Cirrus e il circuito di debito italiano Pagobancomat.

Ora, per citare uno dei milioni di casi in cui questo sistema può agevolare un pagamento, pensiamo a un pediatra. Viene chiamato a casa da una mamma preoccupata per la temperatura e il respiro del figlio piccolo. Il padre è fuori per lavoro e la madre ha in casa solo pochi euro in contanti. Se trova un medico cliente di Jusp può pagare con il bancomat: deve solo avere cura di digitare correttamente il Pin nel lettore attaccato al cellulare del pediatra.
E il medico quanto paga per questo servizio? Avere il lettore chip&pin di Jusp costa 39 euro, e per ogni transazione paga una commissione del 2,5%. Non ci sono canoni se si sceglie la formula con la commissione a percentuale, altrimenti ci sono pacchetti mensili tutto incluso tra cui scegliere: è una sostanziale differenza rispetto al Pos, costoso sia all’attivazione, sia per il canone mensile, ma anche per le penali in caso di dismissione del servizio.
L’idea potrebbe piacere non solo al pediatra di cui sopra, ma anche a molte realtà non profit. Immaginiamo una campagna di raccolta fondi tramite la vendita di prodotti di stagione, che siano arance o violette: se ogni banchetto è dotato di un sistema di questo tipo, la raccolta sarà più agevole, tenendo sempre conto che si possono comunque registrare anche i contanti.

Le differenze con il Pos non si limitano a costi e ubiquità: l’app offre funzionalità di gestione prodotti e sconti, possibilità di registrare pagamenti anche con coupon, assegni, buoni pasto. C’è poi la rendicontazione in tempo reale: si può richiamare il tipo di operazione fatto per ultimo, con visualizzazione dello scontrino, e sapere dove è stata fatta la transazione. Ancora, è possibile inviare al cliente/donatore una ricevuta, anche in digitale, con un risparmio di carta. Un altro valore, anche questo molto importante per il non profit ai fini di database e profilazione, è la possibilità di registrare email e numero di telefono del donatore, in modo da trasformare un donatore occasionale in un sostenitore fedele.

Importanti anche le funzioni di rendicontazione. Così, nella raccolta fondi durante un evento potrò verificare quali «piazze» hanno funzionato meglio, studiare il perché e cercare di migliorare la dislocazione con l’evento successivo. La raccolta fondi fatta in piazze, metropolitana, centri commerciali, sarebbe agevolata e ottimizzata in tempo reale con l’uso dei dati provenienti dall’app. Nel tempo poi l’acquisizione delle informazioni come orari di donazione, ammontare, luogo, possono aiutare a essere migliori e più precisi.

Giovanni Vannini
@giovvan



 

© FCSF - Popoli, 7 aprile 2014