Home page
Webmagazine internazionale dei gesuiti
Cerca negli archivi
La rivista
 
 
 
Pubblicità
Iniziative
Siti amici
Jrs
Jesuit Refugee Service
Se lo scafista è un bambino

La sezione di Catania del Centro Astalli incontra e aiuta minori detenuti in carcere per condanne legate al traffico di esseri umani. Ma anch’essi sono vittime.

Il teatro è bellissimo: blu come un sottomarino, come lo hanno voluto i ragazzi dell’Istituto penale minorile di Bicocca, a Catania, un sottomarino perduto dentro un mare profondo. Il resto del mondo lontano e dimenticato.
Elvira Iovino del Centro Astalli chiede ai giovani detenuti: «Sapete cos’è il cuntu siciliano? Avete mai sentito le storie antiche che raccontavano i cuntisti?». Una rappresentazione teatrale per i minori del carcere Bicocca è una delle più recenti occasioni di incontro e confronto che il Centro Astalli della città ha voluto per tanti giovani «che del mondo hanno conosciuto solo la faccia cattiva».

Da undici anni a Catania il Centro Astalli fornisce assistenza ai detenuti nell’Istituto penale minorile. I volontari che visitano periodicamente il carcere sono otto, tra cui un mediatore culturale di lingua araba e un criminologo. «Ai detenuti diamo essenzialmente un sostegno morale e materiale - spiega Iovino -, come farebbe la famiglia che, ovviamente, per i detenuti stranieri, è quasi sempre nell’impossibilità di effettuare visite. Teniamo i contatti con parenti lontani, con gli avvocati, seguiamo le problematiche connesse ai permessi di soggiorno o le richieste di asilo, molto spesso scadute nel corso della detenzione».
In quel teatro tutto blu, è entrato un cuntista, antico cantastorie della tradizione siciliana, che per una sera ha parlato di posti lontani, di mare, di viaggi, di naufragi. Ha parlato di loro, di quei ragazzini di 15 o 16 anni che si trovano in carcere, per conto di qualcun altro.

Tra i detenuti del carcere minorile, continua la volontaria, «seguiamo numerosi scafisti. Ragazzini che guidano gommoni carichi di disperati. I trafficanti convincono le famiglie con la promessa dell’Eldorado. Di un futuro ricco e felice».

Li condannano al carcere. Nell’ultimo tratto di mare dall’Africa alla Sicilia, comandano loro. Si credono uomini, si sentono potenti, governano le correnti, comandano su uomini e donne più grandi. Invincibili. E invece in un mare troppo grande sono come barche di carta al vento. Spazzate via da trafficanti senza scrupoli e da famiglie talmente povere e disperate che non hanno la forza e la voglia di capire.
Il Centro Astalli Catania li incontra in carcere dove scontano una pena con l’imputazione gravissima di traffico di esseri umani. Alcuni hanno solo 14 anni e sono spaventati, increduli, condannati ad anni di detenzione lontano dalla famiglia.

Sono uno dei tanti «effetti collaterali» della mancanza di canali umanitari sicuri e leciti per chiedere asilo in Italia. Il viaggio verso l’Europa non lo pagano. È questo il loro compenso per mettersi alla guida di un gommone. Conoscono il mare: alcuni sono nati in piccole isole egiziane che vivono di pesca. Al mare li hanno abituati i loro padri. Certamente non avevano in mente questo quando li portavano, da bambini, sulle loro barche.
E così Elvira Iovino racconta di ragazzi muti e commossi davanti a un cuntista siciliano che parla di tonni, di gabbie e di quanto può essere profondo e scuro il mare.

Fondazione Astalli

La foto non si riferisce
ai soggetti descritti nell’articolo


RIFUGIATI IN ITALIA: BILANCIO 2013
Lo scorso anno i migranti forzati che sono sbarcati sulle coste italiane sono stati 42.925. La maggior parte di loro (37.258) sono stati soccorsi in mare, ma numerose sono state anche le vittime dei viaggi: solo nel naufragio del 3 ottobre 2013 hanno perso la vita 366 eritrei. Il principale Paese di provenienza è la Siria con 11.307 persone. Seguono l’Eritrea, la Somalia e l’Egitto. Gli arrivi nei primi tre mesi del 2014 sono decuplicati rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Nel solo mese di gennaio sono arrivate altre 2.156 persone.
I rifugiati in Italia alla fine del 2012 erano 64.779. L’Italia non ha mai potuto contare su un sistema nazionale per l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati unitario, integrato e commisurato ai flussi di arrivo. I posti oggi a disposizione, pure recentemente aumentati, continuano a essere largamente insufficienti e le misure mancano ancora di uniformità e coordinamento. Le prospettive di integrazione per un rifugiato in Italia restano, anche per questo, ancora troppo incerte.



© FCSF - Popoli, giugno 2014