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Amici del Medio Oriente
Una carezza per la Palestina

Dopo un pellegrinaggio con Amici del Medio Oriente, due ragazze hanno scelto di tornare in Terra Santa, ma non più come viaggiatrici. Ecco la loro storia.

 

Sono centinaia i giovani che negli anni hanno partecipato agli itinerari AMO. Per alcuni non si è trattato solo di un viaggio, ma del viaggio. Di quelli che ti cambiano dentro, aprono strade nel cuore e spingono anche a ripartire. Nicoletta Zannoni e Sara Rozzoni sono due ragazze che hanno fatto proprio così. Nicoletta è una flautista padovana che è stata in Terra Santa nel 2010 e che ora lavora in una fondazione a Ramallah. Sara (nella foto) è un’infermiera lombarda rientrata da poco in Italia dopo due mesi trascorsi a Betlemme, nell’unico ospedale pediatrico della Cisgiordania. Nel 2009 è stata in Terra Santa con AMO. Le abbiamo incontrate.

Perché questa scelta?
Nicoletta - Perché credo che, a Ramallah come in Italia, attraverso la musica si possano costruire relazioni orizzontali, in cui ciascuno è necessario e prezioso per arrivare a un risultato frutto del lavoro di tutti.
Sara - La spinta è venuta da un corso di massaggio rilassante per infermiere e fisioterapiste che ho progettato con suor Donatella, del Baby Caritas Hospital di Betlemme.

Un massaggio per la Palestina. Di cosa si tratta?
Ho creduto fin dall’inizio alla possibilità di «poter entrare» in Palestina attraverso il contatto corporeo; è bello poter offrire non solo medicine e flebo, ma anche affetto e carezze.

Come è andata?
Purtroppo molti bambini sperimentano l’abbandono e il dolore; il contatto fa sentire il dramma che si porta nella carne. I bambini si addormentavano, contenti di lasciarsi accarezzare e coccolare. E io sentivo di voler accarezzare tutta la Palestina e i palestinesi, desideravo che quella terra, da troppo tempo distrutta da mani che violentano e uccidono, sentisse il calore di una mano fraterna.

Nicoletta, invece, quali difficoltà hai incontrato?
Per quanto possiamo essere aperti e comprensivi verso un’altra cultura, sotto certi aspetti siamo molto differenti... Ma se non provo a conoscere continuerò ad avere paura di chi è diverso da me, e a chiudergli la porta in faccia! Qui a volte mi sembra di indossare una camicia perfetta, se sto ferma, ma appena mi giro mi accorgo che è troppo stretta: l’insegnante di arabo è bloccato al check point e salta la lezione, se vogliamo andare in gita con un palestinese dobbiamo stare bene attenti, perché non può venire in alcuni luoghi…

Le cose che ti colpiscono di più?
L’ospitalità araba passa attraverso lo stare insieme e l’aiutare le persone a trovare quello che cercano. L’intero mercato si è messo in moto per noi, perché non si trovava il basilico! E ogni giorno mi stupisco di come qui la Parola prenda «forma». Le immagini delle Scritture qui sono «vere»: pecore, pastori, alberi, acqua... Sono cose molto comuni e molto semplici, ma toccarle e vederle fa la differenza.

Cosa ti manca di più dell’Italia?
Relazioni profonde e una comunità con cui condividere un cammino. Sto cominciando a frequentare la parrocchia latina di Ramallah, ma ci vuole tempo. Come dicono sempre qui, «schwai schwai», piano piano!


Elisa Costanzo

 


© FCSF - Popoli, 1 marzo 2012