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Allarme ebola
in Africa occidentale
4/7/2014
Nell’Africa occidentale è allarme ebola. La patologia, che uccide tra l’80 e il 90% dei pazienti colpiti, partita dalla Guinea si sta diffondendo in Sierra Leone e in Liberia. Secondo i dati forniti dall’Organizzazione mondiale della sanità, da fine marzo quando è stato registrato il primo caso, sono stati accertati 759 contagi con 467 morti. L’allarme è così alto che negli ultimi due giorni undici ministri della Sanità di altrettante nazioni della regione si sono riuniti in un meeting in Ghana per coordinare gli sforzi dei singoli Stati contro il rischio di un’ulteriore estensione dell’epidemia. Ma qual è la situazione sul campo? Popoli lo ha chiesto a Saverio Bellizzi, epidemiologo di Medici senza Frontiere, che ad aprile è stato a Gueckedou (Guinea), l’epicentro dell’epidemia ed è appena tornato da Telimele, un altro centro della Guinea colpito dall’ebola.
«La situazione dell’epidemia è fuori controllo e la situazione medico-sanitaria è grave. Non siamo ancora riusciti ad arrivare a uno stato in cui l’epidemia sia ben circoscritta e possa essere gestita.. Ci sono ancora molti decessi nelle piccole comunità, decessi che spesso non vengono comunicati. Oppure ci sono molti casi per i quali si è arrivati troppo tardi per intervenire e i pazienti vengono portati nei nostri centri quando ormai sono in uno stato terminale. Ci sono molti casi transfrontalieri quindi dalla Guinea l’epidemia si sta spostando verso la Sierra Leone. Qui l’ebola sta mietendo vittime (si parla di un’ottantina di casi e di una quarantina di decessi). Ma siamo ancora all’inizio e la situazione è particolarmente caotica. Si sta cercando di applicare quei protocolli già in vigore in Guinea, ma la diffusione è favorita dal fatto che in quella regione a cavallo di Guinea e Sierra Leone vivono le stesse etnie e i rapporti tra i villaggi sono molto frequenti. In Liberia, al momento, ci sono meno casi, ma lentamente si sta diffondendo anche in quella zona».

Come vengono curati i pazienti?
Non esiste una terapia contro l’ebola. Quindi noi applichiamo terapie di supporto con farmaci antipiretici, antibiotici, trattamenti idratanti, antimalarici. Il tutto è finalizzato a far sì che il corpo reagisca, sviluppando una risposta immunologica adeguata alla malattia. È l’organismo che dev’essere messo in grado di combattere al meglio contro di essa. Chi guarisce è grazie alle proprie risorse immunologiche.

Msf opera in collaborazione con le strutture sanitarie locali?
In quella zona Msf è l’unica organizzazione che, al momento, è in grado di affrontare l’epidemia con i suoi centri specializzati e la sua esperienza. Noi collaboriamo con Oms, Croce rossa e autorità locale per contenere la malattia. Come? Vengono identificate tutti le persone con le quali il malato è entrato in contatto e vengono seguite per 21 giorni (tempo massimo di incubazione). Chi sviluppa i sintomi, viene isolato e trattato in modo adeguato nei centri.

I centri sanitari pubblici sono all’altezza?
No, non sono adeguati. All’inizio si è cercato di creare reparti isolati negli ospedali locali, ma non si sono rivelati all’altezza perché mancavano esperienza e strutture adeguate (i centri sono sotto equipaggiati e il personale è sottopagato). A ciò si aggiunge il fatto che molte persone, per ragioni culturali ed economiche, non si rivolgono neppure ai centri sanitari, ma ai guaritori tradizionali. E questo in qualche modo favorisce la diffusione dell’epidemia.

C’è il rischio che l’epidemia si espanda?
Sì, tutti i Paesi dell’Africa occidentale sono in preallarme. Ma va sottolineato che si tratta di una malattia molto acuta, con un’alta mortalità (90% dei casi) e che si trasmette per contatto e non per via aerea. Questo fa sì che i focolai siano particolarmente virulenti, ma durino periodi brevi. Escluderei che l’ebola arrivi in Europa e, comunque, non veicolata dalle persone che arrivano a Lampedusa. Questi migranti sono partiti anni fa dal loro Paese e se fossero stati malati sarebbero già morti o non sarebbero partiti per nulla. L’allarmismo quindi non è in alcun modo fondato.
Enrico Casale

© FCSF – Popoli
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