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Corruzione alle stelle, l’India reagisce
19 luglio 2011

Il primo ministro indiano Manmohan Singh all’inizio di luglio ha confermato l’intenzione del governo di fare approvare in tempi brevi una legge che istituisca un’autorità indipendente contro la corruzione. La promessa nasce da una serie di scandali che hanno scosso la maggioranza parlamentare a New Delhi ed è una risposta a una crescente richiesta di pulizia nella politica e nell’amministrazione pubblica che viene dalla società civile.

Se l’Italia in cinque anni è scivolata nella classifica mondiale della corruzione percepita (passando dalla 40ª alla 67ª posizione, secondo Transparency International), l’India sta ancora peggio in 87ª posizione. Negli scorsi mesi tutta la federazione è venuta a conoscenza di uno scandalo legato alle concessioni di licenze per la telefonia mobile per un giro di affari di molti miliardi di dollari e che ha portato in carcere, tra gli altri, il ministro per le Telecomunicazioni, Andimuthu Raja. Ma gli scandali non finiscono qui: anche irregolarità nell’organizzazione dei Giochi del Commonwealth di New Delhi e case destinate a vedove di guerra e assegnate ad amministratori pubblici a Mumbai sono finite sulle prime pagine.

Portabandiera della reazione della società civile è Anna Hazare, attivista gandhiano molto noto nel Paese, che in aprile ha intrapreso uno sciopero della fame chiedendo l’istituzione di un’autorità indipendente contro la corruzione. La sua protesta ha raccolto sostegno in tutta l’India e suscitato altre iniziative. Lo sciopero si è interrotto quando il governo ha accettato di formare una commissione di dieci persone, che comprende lo stesso Hazare, per redigere la proposta di legge. E se il parlamento non approverà entro un mese, il digiuno riprenderà il 16 agosto.

L’arcivescovo di New Delhi, Vincent Concessao, ha definito «una vittoria del popolo» l’accettazione delle richieste di Hazare, che ha raccolto consensi nel mondo cattolico indiano. I gesuiti impegnati in campo sociale hanno inviato alle autorità federali un memorandum in nove punti con proposte concrete anti-corruzione. Tra queste ci sono l’istituzione di un’autorità indipendente (chiamata Lokpal) in ogni Stato indiano e un centro di coordinamento a livello federale, mantenuti distinti dalla sfera politica e burocratica. I membri dei Lokpal dovrebbero essere scelti con trasparenza e non dai vertici politici. Le indagini sui casi di corruzione non dovrebbero durare più di un anno, mentre un secondo anno (al massimo) andrebbe dedicato al processo. I funzionari pubblici condannati dovrebbero risarcire lo Stato e i cittadini direttamente danneggiati. Infine, la nuova autorità dovrebbe inglobare i poteri delle autorità anticorruzione già esistenti.

Come ha ricordato il gesuita del Gujarat Cedric Prakash, direttore di un importante centro per la pace e i diritti umani, nel corso degli anni la corruzione è stata quasi «istituzionalizzata». «Abbiamo dato per scontato che si devono “sganciare” soldi perché vengano fatte anche cose semplici, come ottenere un biglietto del treno o iscriversi a una scuola - osserva -. Tutto peggiora salendo di livello, fino ai vertici della corruzione che coinvolgono le lobby dell’industria mineraria o i grandi immobiliaristi». Padre Prakash ha ricordato i casi recenti di migliaia di contadini poveri che nel Gujarat hanno protestato per gli espropri delle terre da parte di potenti imprese o l’omicidio in pieno giorno di un attivista per i diritti umani che aveva puntato il dito contro un’azienda coinvolta in scavi illegali, ma molto vicina a un partito politico. «Questi episodi segnalano sempre più l’urgenza di una vera legge contro la corruzione perché il marcio è troppo esteso». Perciò viene richiesto l’ombudsman, figura indipendente che si occupi di lotta alla corruzione e sia al servizio dei cittadini, con poteri di indagine e di sanzione anche sulla classe politico-amministrativa.

Cyriac Joseph, giudice della Corte Suprema ed ex alunno dei gesuiti, in occasione delle celebrazioni per i 50 anni della provincia della Compagnia in Kerala, ha sottolineato il ruolo che possono svolgere i gesuiti nel combattere la corruzione e diffondere la consapevolezza nella lotta contro i mali che affliggono la società. «La corruzione dilagante colpisce i più poveri e gli emarginati, ma anche la classe media e contribuisce ad allargare il divario sociale - ha osservato mons. Concessao -, e queste proteste nonviolente dimostrano che il metodo di Gandhi è ancora valido nell’affrontare i problemi dell’India di oggi».

E il volto del Mahatma è stampato anche sulle banconote da zero rupie, un’originale iniziativa di un’associazione che ha pensato di diffondere banconote finte, ma dal forte significato simbolico. Queste banconote vengono consegnate a chi richiede bustarelle: zero, le rupie per ungere gli ingranaggi come la tolleranza per la corruzione.

Francesco Pistocchini

© FCSF – Popoli