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L'integrazione mancata
5 luglio 2013
Il Sudafrica è stato l’unico Paese dell’Africa australe a liberarsi dal sistema di discriminazione razziale tipico del colonialismo senza spargimento di sangue. Grazie a Nelson Mandela si è arrivati a un compromesso fra la popolazione bianca e quella nera che ha garantito una convivenza pacifica. Sul piano politico il successo non si discute, ma sul piano economico purtroppo i nodi stanno venendo al pettine.

Lo sforzo di accrescere la partecipazione nell’economia delle persone che sono state svantaggiate dall’apartheid è un processo che avanza con difficoltà. La strage dei 34 dipendenti della miniera di Marikana, uccisi il 31 agosto 2012 dalla polizia mentre protestavano per rivendicare un salario di 1.200 euro al mese (contro i 400), ha fatto il giro del mondo. La miniera di platino è di proprietà inglese, con dirigenza e management bianco e lavoratori di colore. La rivolta di Marikana ha provocato scioperi in tutte le miniere del Sudafrica paralizzando un settore che, da solo, rappresenta il 20% del Pil del Paese (scioperi che si sono ripetuti a maggio dopo l’annuncio di nuovi li­cenziamenti e dopo l’assassinio del sindacalista Mawethu Khululekile Stevens). Questo è il rovescio della medaglia di una politica del compromesso voluta da Mandela: integrazione dei neri nella società, senza intaccare gli interessi dei bianchi. A distanza di vent’anni questo equilibrio inizia a traballare e a farne le spese è proprio l’Anc (African National Congress), il partito di Mandela, che nel 2014 punta a confermarsi alla guida del Paese.

BENESSERE PER POCHI
Lo strumento designato
per riequilibrare la ripartizione del potere economico è il Broad-Based Black Economic Empowerment (legge n. 29617/2007), che indica come devono essere costituiti gli assetti manageriali delle aziende postapartheid per includere anche persone di colore. A oggi i risultati di questa politica sono solo di facciata. La nomina di neri nei consigli di amministrazione di aziende di proprietà dei bianchi spesso serve solo per garantire alle imprese di poter continuare a operare nel Paese. I neri possiedono infatti appena il 17% della capitalizzazione della Borsa di Johannesburg, pur rappresentando l’80% della popolazione.

Non è corretto affermare che la popolazione nera in questi anni non abbia avuto accesso al potere economico del Paese. Questo processo però è stato un privilegio riservato a pochi. È il caso di Cyril Ramaphosa. Ricco avvocato, attivista anti apartheid, vicepresidente dell’Anc, detiene partecipazioni azionarie in molte aziende. È giusto citare anche esempi in cui i neri hanno preso in mano le redini di aziende. Come in alcune miniere gestite da cooperative: la South Africa Coop è una di queste. Il funzionamento è semplice, i salari non sono alti, ma il lavoratore detiene partecipazioni nella società.

In Zimbabwe, il passaggio del potere economico tra bianchi e neri è avvenuto in modo violento. L’esproprio di terreni dei bianchi per passarli nelle mani dei neri (spesso uomini del regime che non avevano le capacità per gestire le aziende agricole) è stato un disastro. In Sudafrica si sta cercando di attuare questa transizione in modo più intelligente, anche se rimane molto da fare. Nel 1994 era stato deciso che entro il 1999 i bianchi avrebbero trasferito almeno il 30% delle terre coltivate ai neri, nel 2007 però solo il 7% era in mano a persone di colore. L’obiettivo del 30% è stato così spostato al 2014.
Seppure non esistano dati ufficiali che consentano di comparare indicatori economici prima e dopo il 1994, è sufficiente visitare Soweto (una delle township di Johannesburg) per comprendere le trasformazioni in atto. Fino al 1994 a Soweto si potevano trovare solo baracche fatiscenti e senza corrente elettrica. Oggi ci sono ancora baracche, ma anche ville lussuose. Questo perché i ricchi di colore hanno voluto continuare a vivere dove sono nati.

CONVIVENZA COMPLESSA

Il governo cerca di incentivare l’iniziativa economica dei neri, ma siamo lontani da un vero equilibrio. Va anche detto che si sta affermando una forma di apartheid al contrario. L’esempio più significativo è la notizia della nota catena di supermercati Woolworths che non assume bianchi. Purtroppo trovare esempi di facile convivenza economica è difficile e questo rimane il problema fondamentale. Camminando per Johannesburg o Città del Capo è comune trovare coppie miste, non è però semplice trovare esempi di convivenza reale e produttiva fra bianchi e neri.

A farne le spese è il Paese. È sufficiente osservare le statistiche. Oggi il Sudafrica rientra nei cosiddetti Brics, i Paesi emergenti. Ma se nel 1994 la speranza di vita era di 61 anni, nel 2010 era di 52, per scendere a 50 nel 2012. Il Pil è aumentato, gli investimenti anche, ma la distribuzione della ricchezza è sperequata.

Le contraddizioni di questo Paese sono a ogni angolo. Spostandosi nella periferia di Johannesburg è facile trovare aziende alimentate con pannelli fotovoltaici, ma dall’altra parte della strada sono presenti baracche dove le persone vivono senza elettricità. Anche i cartelli pubblicitari sono alimentati da pannelli fotovoltaici, ma sotto di essi si trovano persone che mendicano. La fine dell’apartheid ha tolto le protezioni economiche riservate ai bianchi e, se a questo sommiamo la crisi economica, ecco perché non è così difficile trovare nelle township, negli asili che erano frequentati esclusivamente da neri, anche qualche bambino bianco, così come non è una rarità vedere persone bianche in situazioni di indigenza.

Per conservare il consenso elettorale, l’Anc ha portato avanti una politica assistenzialista nei confronti dei neri, ma i dati parlano di una disoccupazione giovanile al 40%. Visitando le township di Johannesburg si vedono molti ragazzi ben vestiti con cellulari di ultimo modello. In molti vivono di traffici e di piccola criminalità, ma non è solo questo. I neri oggi si sentono in diritto di essere «rimborsati» e sono pochi quelli che vogliono contribuire con le loro forze alla crescita dell’economia, nonostante il governo cerchi di incentivare l’iniziativa imprenditoriale.
Federico Bastiani

© FCSF – Popoli
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