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Il mondo celebra il ricordo di Mandela
11 dicembre 2013

Mentre il mondo rende omaggio a Nelson Mandela e il Sudafrica ricorda il suo "Padre fondatore", è tempo di analisi più approfondite sulla vicenda dell'ultimo gigante politico del XX secolo. Anthony Egan, gesuita sudafricano e docente di Storia, sulla rivista dei gesuiti America, mette in luce i meriti e le contraddizioni dell'uomo Madiba e getta uno sguardo sul Sudafrica di domani. Pubblichiamo la traduzione dell'articolo.

 

Quando Nelson Mandela entrò nell’Orlando Stadium di Soweto, la città un tempo chiamata la «township sudoccidentale» di Johannesburg, in Sudafrica, la stampa gli correva di fianco, contenuta da un recinto ben delimitato del campo di gioco, sforzandosi di catturare un dettaglio dell’uomo che sarebbe diventato il nostro presidente. A soli dieci giorni dalle elezioni, mi trovavo lì per accompagnare il mio amico Carlos, un fotografo cileno che viveva a Londra e che si occupava dell'ultima fase della transizione sudafricana verso la democrazia. Come assistente non ufficiale di Carlos, per un breve emozionante momento, stavo con la macchina fotografica in mano, solo una guardia del corpo mi separava dal più grande sudafricano nella storia della mia nazione.

Nel momento in cui il Sudafrica e il mondo piangono la morte di Nelson Rolihlahla Mandela, e onori gli vengono tributati da ogni angolo del pianeta, sembra opportuno andare oltre gli elogi funebri e domandarsi perché la sua vita è stata importante. Che cosa può rappresentare la sua eredità? Come ha fatto questo uomo a catturare così profondamente il sogno e la passione di un'intera nazione come fece con me in quel giorno di maggio del 1994?

 

«CREATORE DEI PARLAMENTI»

Nato a Mvezo, un piccolo villaggio nella provincia sudafricana del Capo orientale, figlio di un nobile di etnia xhosa, Nelson Mandela ricevette un’istruzione grazie alla madre cristiana nelle scuole metodiste, prima di studiare all'Università di Fort Hare e, in seguito, all'Università del Witwatersrand. Fu educato dal padre alla tradizione africana, guadagnandosi con l’iniziazione il nome Dalibunga (che significa «creatore dei parlamenti», davvero preveggente!), e gli fu dato il nome del clan familiare, Madiba.

Dopo la fuga da un matrimonio tradizionale combinato nel 1941, andò a Johannesburg dove lavorò come guardiano notturno in una miniera d'oro e come impiegato, mentre completava gli studi in giurisprudenza. Come avvocato fu presto coinvolto nella politica dell’African National Congress (Anc), che si batteva per i diritti democratici dei neri nel Sudafrica dell'apartheid. Nel corso degli anni Cinquanta, lavorando nelle campagne di disobbedienza civile e di protesta, Mandela si convinse sempre più che il governo del National Party afrikaner non avrebbe mai sentito ragioni senza uno scontro con la forza. Nel 1956 fu arrestato e accusato di tradimento (insieme ad altri 155 attivisti); cinque anni, dopo tutti gli imputati furono prosciolti.

Dopo la messa al bando dell’Anc e di altri movimenti di liberazione, nel 1961 Mandela fu tra i fondatori dell’ala militante del gruppo illegale, chiamata Umkhonto we Sizwe («Lancia della nazione»", abbreviato in Mk). L’Mk all’inizio fu impegnata in atti di sabotaggio che volevano evitare la perdita di vite umane ed era intenzionata a sospendere le attività qualora il governo fosse stato disposto a negoziare. Mandela divenne il comandante in capo. Nel 1964 Mandela e l’intero comando dell’Mk furono condannati per tradimento e condannati all'ergastolo.

Su Robben Island, al largo della costa di Città del Capo, e poi nelle carceri di Pollsmoor e Victor Verster sulla terraferma, Mandela esercitò una forte influenza tra i prigionieri di varie posizioni ideologiche e influenzò sempre più le sue guardie carcerarie. Di fronte ad agenti semianalfabeti e talvolta brutali, Mandela insisteva con fermezza ma con calma che se volevano il suo rispetto avrebbero dovuto rispettarlo.

Durante gli anni Ottanta, mentre il Sudafrica scivolava pericolosamente verso la guerra civile, Mandela avviò colloqui segreti con il governo per porre fine alla crisi (che stava segretamente negoziando anche un cessate il fuoco con la leadership dell'Anc in esilio) . Nel 1990 Mandela fu liberato e furono legalizzati l’Anc e altri movimenti di liberazione dei neri. Invece di una rivoluzione armata, l’Anc si unì a un lento processo di transizione negoziata verso la piena democrazia. Fu un processo segnato dal confronto verbale, da manovre politiche e continue violenze tra le fazioni a livello di base .

Il 10 maggio 1994, dopo le elezioni generali di aprile, Mandela divenne presidente di un governo guidato dall'Anc. Fin dall'inizio promise di concentrarsi sulla riconciliazione nazionale e di dimettersi dopo un periodo in carica di cinque anni. Contribuì a creare e sostenere la Commissione per la Verità e la Riconciliazione che cercò di scoprire atrocità commesse da tutte le parti in corsa. Mandela seguì anche diverse strategie per placare i timori delle minoranze sudafricane, in particolare coloro che avevano beneficiato del sistema precedente, promuovendo nel contempo l’emancipazione economica dei neri e programmi per l’occupazione in favore dei gruppi svantaggiati. Come aveva promesso, anche se avrebbe avuto il diritto, secondo la Costituzione, di concorrere per un secondo mandato, nel giugno 1999 si dimise.
Anche se ufficialmente si era ritirato dalla politica, Mandela non ha mai veramente smesso di lavorare fino a pochi anni prima della sua morte. Ha continuato attraverso la sua fondazione, il Fondo Nelson Mandela per l’Infanzia, ad impegnarsi in questioni di interesse pubblico, come l’aiuto ai bambini, la lotta alla povertà e all'Hiv/Aids. Per la sua lealtà verso l'Anc, ha mantenuto un basso profilo nelle critiche ai suoi successori, ma non ha mancato di intervenire per stimolare le politiche più deboli del governo, come quelle che negavano il problema dell’Aids, e ha attaccato la corruzione.

Mentre la sua salute declinava , le sue apparizione in pubblico si sono fatte più rare. Nonostante questo, la sua popolarità tra le componenti razziali, di classe e di genere del Sud Africa non è mai venuta meno.

 

RIVOLUZIONE E RICONCILIAZIONE

La vita di Nelson Mandela contiene tutti gli elementi del mito politico - il giovane guardiano del bestiame che diventa re; quello che (almeno per alcuni) era un odiato «terrorista» trasformato in un grande statista e il mito, caro a molti nordamericani, del un padre fondatore.

Come ogni buon mito, gran parte della storia di Mandela è essenzialmente vera, anche se il mito semplifica eccessivamente e distorce la verità che esprime. Ma se prendiamo le distanze dalla nuda biografia cerchiamo di trovare l'uomo al di là del mito, ci imbattiamo in una serie di contraddizioni espresse in una serie di immagini: un tradizionalista africano e un «inglese nero»; un attivista politico duro e un riconciliatore; un individualista e un politico leale; un uomo con una vita famigliare difficile e il nonno preferito di tutti.

È fin troppo facile creare una falsa dicotomia tra il Mandela «tradizionalista» africano e il Mandela occidentale democratico. Molto si è detto della sua origine xhosa e di quando, da giovane, partecipava consigli reali. Queste esperienze sono spesso citate per spiegare il suo stile di leadership presidenziale, la discussione aperta, seguita da una decisione abbastanza autoritaria. Ma vanno lette in rapporto al fatto che egli è stato, per gran parte della sua carriera, un leale membro della dirigenza dell'Anc che vantava una leadership collettiva e un processo decisionale congiunto. Allo stesso modo, da ciò che il biografo Tom Lodge chiama la sua formazione «anglo-metodista» nelle scuole missionarie, dobbiamo dedurre la sua anglofilia senza soggezioni  e l'apprezzamento per il sistema parlamentare britannico, anche durante il processo per tradimento che si celebrò a Rivonia del 1963 e lo portò in carcere.

Non dovremmo mai sottovalutare il pragmatismo e il senso della tradizione di Mandela. Poteva essere insieme rivoluzionario e riconciliatore . Forse che Mandela, il militante degli anni Cinquanta e Sessanta che contributi a organizzare le strutture clandestine dell’Anc e che incitò alla resistenza armata pochi anni prima di creare l’Mk (la struttura militare dell’Anc), ebbe una «evoluzione» fino a diventare un sostenitore quasi gandhiano della riconciliazione? Un esame più attento, ancora una volta, rivela che si tratta di una visione sbagliata. Mandela, anche se creò l’Mk, era disposto a negoziare con il regime. E negli anni Novanta, mentre era alla guida dell’Anc nei negoziati della transizione, era assolutamente determinato e risoluto. Anche se aperto al dialogo, era altrettanto violento nella sua retorica e inflessibile di fronte ai disonesti e a chi mancava di buona fede.

Dopo essere diventato presidente, fu un convinto sostenitore della riconciliazione. Fece in modo di interagire con i cittadini bianchi e alleviare le loro preoccupazioni, stabilire legami di amicizia con gli ex nemici e difendere strenuamente - anche andando contro i compagni dell'Anc -, l'integrità della Commissione per la Verità e la Riconciliazione e le sue conclusioni. Il suo impegno per la riconciliazione si è ispirato a una valutazione realistica delle circostanze speciali in cui si trovava la nazione .

L’Anc non aveva conquistato il potere, ma aveva negoziato una transizione verso la democrazia. Non poteva quindi agire come gli Alleati vittoriosi a Norimberga, anche se questo era il desiderio di alcuni. Tutti i sudafricani dovevano trovare un modo per vivere insieme. Durante i negoziati, tra il 1990 e il 1994, il Paese rischiò di sprofondare nell’anarchia. Non si doveva permettere che accadesse di nuovo.

Allo stesso tempo, l’inclinazione di Mandela era di combattere l’ostilità contro i bianchi: non aveva mai avuto paura di loro e non provava un risentimento particolare. Sicuro di sé e delle proprie convinzioni, non vedeva necessità di essere ostile, ma vedeva tutti i vantaggi della conciliazione.

 

PADRE DELLA NAZIONE

Una terza «contraddizione», quella di Mandela fortemente individualista e tuttavia leale membro dell’Anc, merita attenzione. Senza dubbio egli fu profondamente impegnato nell’Anc dal momento in cui si unì al movimento negli anni Venti. La sua dedizione alla causa, come quella di molti altri membri dell’Anc, era quasi religiosa: un impegno totale, che comportava anche grandi costi personali e finanziari. Avrebbe potuto avere una vita relativamente agiata collaborando al sistema dell’apartheid, proteggendosi con i mezzi professionali e finanziari che aveva dai danni peggiori del sistema. Invece Mandela sacrificò una promettente carriera legale per l'attivismo in nome della libertà per tutti .

Fu anche leale e disciplinato in carcere. Rifiutò accordi per una liberazione anticipata che le autorità gli offrivano e – quando ebbe i primi contatti per i negoziati con il governo - fece del suo meglio per mantenere informati i suoi compagni in esilio sugli sviluppi. Non prese alcuna decisione prima di essere sicuro che fosse in linea con la politica dell’Anc.

Eppure poteva anche assumere una linea indipendente quando era necessario. Dopo essersi ritirato, criticò apertamente gli atteggiamenti negazionisti del suo successore, Thabo Mbeki, in merito all’Hiv/Aids. Pretese che lo stesso Anc prendesse sul serio l’epidemia e che il governo fornisse farmaci antiretrovirali ai malati. Mentre in altri ambiti della politica di governo si dimostrò più cauto, sui temi della vita e della morte fu pronto a uscire dai ranghi. Le convinzioni ebbero il sopravvento sulla lealtà.

Nei suoi rapporti personali, Mandela è stato un’amorevole figura di padre e di nonno per la nazione, pur attraversando una vita famigliare difficile. Le sue continue assenze da casa dovute all’impegno con l’Anc misero in crisi il suo primo matrimonio con Evelyn Mase, un’infermiera. Divorziarono dodici anni dopo le nozze e i figli di questo matrimonio ebbero sentimenti molto ambivalenti verso il padre, per tutta la vita .

I figli del suo secondo matrimonio, con Nomzano Winnie Madikezela, lo sostennero di più, anche se lo videro poco nei 27 anni che trascorse in carcere. La madre condivise qualcosa dello spirito combattente di Mandela. Aiutò i figli a vedere un disegno più ampio di ciò che Mandela stava cercando di fare. Gli anni di separazione e vari conflitti personali (e senza dubbio anche la crescente reputazione di Winnie come una figura politica autonoma) tuttavia contribuirono a far pagare il conto al matrimonio. Winnie e Nelson divorziarono nel 1996.

L’ultimo matrimonio di Mandela, con Graça, la vedova di Samora Machel, ex presidente del Mozambico, si è dimostrato molto più felice. Sposata nel 1998, poco prima di lasciare l'incarico di presidente, Graça è diventata la compagna negli anni comunque impegnativi della pensione.
Nonostante i problemi coniugali (specchio della sua piuttosto instabile infanzia), Mandela è riuscito a rappresentare una figura paterna per la nazione sudafricana. Ciò senza dubbio è stato dovuto in parte alla sua dedizione costante e sincera alla causa dei bambini più sfortunati.

Poco dopo essere diventato presidente, Mandela istituì il fondo per aiutare i bambini poveri di tutte le etnie. Donò una parte significativa del suo stipendio ogni mese e non si vergognò di raccogliere fondi da donatori locali e internazionali. Mandela ritrovava entusiasmo tra i bambini, che erano una presenza costante nelle sue feste di compleanno. E i bambini, che non avevano idea della sua importanza politica, ma intuivano in lui un nonno gentile (forse, per alcuni, il primo mai conosciuto), lo amavano.

Ritiratosi dalla politica attiva, Mandela ampliò questo aspetto del suo lavoro fino a includere una serie di opere di carità e di promozione della sua fondazione. Questa generosità di spirito e preoccupazione instancabile per gli emarginati hanno contribuito a dare a molti sudafricani la sensazione di essere di fronte a una grande persona, quasi un santo laico. E se Mandela non si è mai considerato un santo, questo concetto solleva l'ultimo paradosso della sua personalità: quello di una persona laica, ma profondamente spirituale. Nelson Mandela non parlava molto delle sue opinioni religiose. Ma era stato educato in ambito metodista e per qualche tempo all’Università di Fort Hare aveva fatto parte di un'associazione cristiana.

Fu molto ben disposto verso la Chiesa e i leader ecclesiastici, molti dei quali furono impegnati come lui nella liberazione del Sudafrica e furono suoi compagni nell’Anc. Negli anni della detenzione, Mandela partecipava a funzioni religiose e ascoltava programmi religiosi alla radio, come rivelano le memorie della sua prigionia .

Tuttavia, qualunque sia stata la sua fede privata, non ne ha mai fatto una questione pubblica. Fece ripetutamente riferimento all’«ambito religioso» o alle «comunità di fede», usando il plurale e così rispecchiando i principi della Costituzione del 1997 che definisce il Sudafrica una società laica, multiconfessionale e multiculturale. Dato che il Sudafrica, anche se a maggioranza cristiana, ha una pluralità di religioni (molte Chiese cristiane, islam, ebraismo, induismo, religioni africane tradizionali e un 10% di non credenti), in alcuni luoghi è sincretista (molti cristiani praticano anche le religioni tradizionali) o eclettico (ad esempio, comunisti convinti sono anche cristiani o musulmani praticanti), un simile approccio era strategico e in linea con il credo civile e unificante della nazione, la Costituzione .

 

DOPO MANDELA

Poco prima che Mandela lasciasse l'incarico nel 1999, il giornalista Lester Venter fece alcune previsioni piuttosto inquietanti su ciò che sarebbe potuto accadere dopo la sua morte nel libro When Mandela Goes. Alcune previsioni si sono già in parte avverate: corruzione crescente nel governo e un dibattito politico che sempre più assume connotati razziali. Un'ultima preoccupazione è stata la possibilità che l’Anc diventasse sempre più autoritario, intossicato dall’idea di essere l' unica voce autentica della «rivoluzione democratica nazionale», il partito che ha liberato il Sudafrica dall'apartheid e a cui offrire fedeltà incondizionata. Scomparso Mandela, l’ Anc metterà da parte ogni finzione di voler rimanere un partito democratico e fedele alla Costituzione, per avviare invece un percorso chiamato «zanuficazione» (come il partito di Robert Mugabe in Zimbabwe) nella prospettiva di un governo perpetuo di un presidente a vita?

Un'alternativa meno cupa è possibile. Con la morte di Mandela, il popolo del Sudafrica, sempre più scontento dell’Anc al governo, può sentirsi in grado di rovesciarlo alle prossime elezioni generali, cosa che secondo molti osservatori non era disposto a fare mentre Mandela era ancora in vita. Tale risultato potrebbe essere l'espressione più vera dell’eredità di Nelson Mandela, il cui impegno per la libertà prevaleva su quello per qualsiasi organizzazione politica .

Nelson Mandela sarà ricordato come una delle più grandi figure della storia del Sudafrica, e una delle più grandi figure mondiali del XX secolo. In molti modi le contraddizioni che egli incarnava – africano eppure occidentale, pragmatico eppure ostinato, combattivo eppure conciliante - sono le contraddizioni che attraversano il nuovo Sudafrica democratico che ha contribuito a creare. Sono le contraddizioni che generano tensioni e paradossi che mirano a un futuro aperto.

Anthony Egan SJ
Membro del Jesuit Institute South Africa di Johannesburg.
Insegna Storia del Sudafrica all’Università di Pretoria e collabora
con l’Università del Witwatersrand e il Saint Augustine College.


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