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Quel mio incontro con Mandela, in chiesa
6 dicembre 2013

Uno degli aspetti più toccanti del periodo in cui l'ansia cresceva per la salute dell'ex presidente Nelson Mandela, è stato il fatto che tutti sentivano di assistere alla fase finale della vita di una persona cara, di un parente stretto. Così, tante conversazioni iniziavano con frasi del tipo: «Quando ho visto Mandela» oppure «Quando ho incontrato Mandela». Anche se tale incontro era avvenuto... sullo schermo di una Tv o nelle pagine di un giornale, è rimasto in qualche modo personale.

Ho incontrato Mandela un paio di volte, per lo più come membro di una delegazione, e ogni volta mi hanno colpito le stesse cose. Mandela diceva sempre quanto fosse onorato di incontrarti, trovava tempo per ogni persona, tenendo gli occhi concentrati sulla persona di fronte a lui. Con il suo fascino e la sua gentilezza ti faceva sentire speciale. Se l'interlocutore era vestito da prete, egli inevitabilmente parlava del suo profondo rispetto per la Chiesa, di come la Chiesa gli aveva dato la prima formazione, e che, se non fosse stato per la Chiesa, lui e molti della sua generazione non sarebbero arrivati dove erano. Era generoso nel suo elogio per il ruolo della Chiesa nella lotta contro l'apartheid.

Una delle sue caratteristiche più rilevanti era il fatto che non ha mai perso per strada il suo tratto di gentilezza e ha sempre ricordato la generosità degli altri. Abbiamo visto questo quando ha visitato l'Irlanda: nel mezzo di un programma molto pieno, ha trovato il tempo per rintracciare padre Brendan Long, un ex cappellano di Robben Island (il carcere sudafricano in cui Mandela venne detenuto per diversi anni, ndt), e a parlargli al telefono, ricordando la vita sull'isola e ringraziando per i suoi anni di servizio e le sue attenzioni.

Ho un altro ricordo di un incontro con Mandela, in chiesa. Nei giorni che precedevano le prime elezioni democratiche, nel 1994, lui, con amici e colleghi (e senza dubbio con un occhio alle urne...), ha partecipato alla Messa nella chiesa parrocchiale gestita dai Cappuccini a Città del Capo, in quella che, nel linguaggio dell'aparheid, era stata designata come una "zona residenziale per persone di colore". Era una chiesa che era stata un punto di riferimento nella lotta contro l'apartheid, cosa che ha reso la sua presenza ancora più struggente.

Nel suo modo dignitoso, Mandela si mise in fila per ricevere la Comunione dalle mani di Mons. Henry , anche se non era un cattolico! Ha ricevuto la Comunione con riverenza e poi , interrogato su questo gesto piuttosto inaspettato, ha parlato della necessità di sostegno spirituale in un momento molto importante! A sua insaputa, la sua risposta a molti sembrò indicare una comprensione intuitiva di un aspetto importante della teologia eucaristica.

Qualunque sia la comprensione teologica di Mandela, questo episodio ha evidenziato la sua profonda consapevolezza dell'importanza della vita spirituale. Questo può anche essere intravisto nei suoi scritti: dalla sua giovinezza come pastore, attraverso i lunghi anni di prigionia, aveva imparato, consciamente o meno, la verità che san Paolo ha comunicato ai Corinzi come rassicurazione e come stella polare per il futuro: che dove c'è lo Spirito, c'è libertà. Qualcosa della straordinaria eredità di Mandela è sicuramente radicata in questa verità.

Peter-John Pearson
Tratto da www.thinkingfaith.org (traduzione e adattamento di Popoli)

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