Il gigante asiatico sta per completare il processo elettorale durato un mese e che porterà al nuovo governo. Un gesuita dell’Istituto Sociale indiano di Bangalore analizza l’esito incerto del voto e, soprattutto, le scarse prospettive per gli esclusi dallo sviluppo economico.

Ora che il divario non è più solo tra Stati ma anche dentro gli Stati, si diffonde una nuova consapevolezza: più disuguaglianza significa meno democrazia

A una prima lettura potremmo dire che nei Paesi africani l’economia finalmente sta decollando. Le imprese lavorano di più, quindi richiedono più lavoro e le famiglie, con più redditi a disposizione, effettuano acquisti che prima non potevano permettersi. I dati di crescita vanno letti con attenzione. In parte rilevano processi positivi di maggior partecipazione alle relazioni economiche e maggiore diffusione del benessere, ma pongono il problema della sostenibilità dei percorsi di sviluppo e della distribuzione dei redditi.

I negozi europei sono pieni di prodotti a buon mercato dell’industria dell’abbigliamento dei Paesi asiatici poveri. Ma questo comporta costi elevati, soprattutto per le giovani donne. Un film documenta il lato oscuro dello sviluppo in Bangladesh.

Il 1° gennaio di tre anni fa, a Brasilia, una folla festante salutava l'entrata in carica di Luiz Inacio Lula da Silva, trionfatore nelle presidenziali. Sembrava l'inizio di una nuova era. Poi sono arrivate le delusioni: una politica economica conservatrice, riforme timide, scandali per corruzione. Ma in questi anni il Brasile ha anche conosciuto un notevole sviluppo economico e ha acquisito prestigio a livello internazionale. Come giudicare dunque Lula? Lo abbiamo chiesto a un giornalista e a un missionario, profondi conoscitori del Brasile