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di Pavia Media Research
La Bulgaria in piazza e le anomalie dei suoi media
Il 12 maggio 2013 i bulgari sono stati chiamati a votare in elezioni anticipate per il rinnovo del Parlamento del Paese balcanico, entrato nella Ue nel 2007. Il governo dell’ex premier Bojko Borisov aveva dovuto dimettersi in febbraio dopo una serie di manifestazioni di piazza e reazioni popolari contro la corruzione dilagante, la crisi economica e l’aumento dei costi dell’energia elettrica. Una disperazione acuta e diffusa che ha portato sette persone a darsi fuoco per protesta. Il 12 marzo, il Presidente della Repubblica Rosen Plevneliev ha sciolto il Parlamento, indetto elezioni anticipate e nominato un governo tecnico.

Le elezioni hanno ridato la maggioranza relativa al partito di Borisov (Gerb, Cittadini per lo Sviluppo europeo della Bulgaria).  Ma non trovando alleati di governo, il Gerb ha dovuto lasciare spazio a un governo di coalizione tra il Partito Socialista e il Movimento per i diritti e le libertà (Mrf), il partito che ha come riferimento la minoranza turca. Anche il nuovo governo ora è bersaglio di intense proteste popolari cominciate a giugno e che si sono protratte per settimane.

Le dimostrazioni riflettono il malcontento e la sfiducia popolare verso il sistema istituzionale e culturale, inclusi i mass media, che presenta anomalie strutturali: tra queste evidenti conflitti di interesse, come dimostrato in giugno dal tentativo di nominare Delyan Peevski - deputato del Mrf e controverso proprietario di uno dei principali gruppi mediatici - a capo dei servizi di sicurezza. Una decisione che ha immediatamente provocato manifestazioni su larga scala.

Più in generale, come osserva uno dei principali studiosi della comunicazione in Bulgaria, Orlin Spassov, nella pubblicazione Less Freedom, More Conflicts: 2011 Bulgarian Media Monitoring: «Numerosi sono i problemi chiave […]: la mancanza di trasparenza degli assetti proprietari e finanziari di molti gruppi mediatici, l’assenza di regolamentazione della pubblicità politica, l’inefficacia dei sistemi di autoregolamentazione, l’assenza di sindacati che proteggano gli interessi dei giornalisti, la tendenza a rendere oligopolistico il mercato mediatico».

Lo stesso Spassov ha notato come gli assetti proprietari dei mezzi di comunicazione bulgari siano una sorta di matrioska di cui è arduo individuare la bambola iniziale. Il livello della libertà di stampa ha subito un progressivo deterioramento, come attestano numerosi rapporti di organizzazioni internazionali. Secondo l’Indice di sostenibilità dei media (Msi) 2012, la Bulgaria è vittima di una progressiva omogeneizzazione dei contenuti e di un più generale declino della qualità dell’informazione. In parte ciò è causa della crisi economica iniziata nel 2008 che ha eroso il già debole mercato pubblicitario e gli investimenti dei conglomerati mediatici.

Si rilevano numerosi casi di pressioni e intimidazioni politiche e aziendali sui media, volte a proteggere interessi economici. È diffuso il cosiddetto giornalismo «a pagamento», articoli e servizi che vengono effettuati su commissione, come confermano varie fonti.

La campagna elettorale del 2013 è stata dominata da scandali che hanno toccato in primis Gerb e che taluni ritengono siano stati abilmente pilotati al fine di discreditare in maniera definitiva il partito. Alcuni temi chiave hanno egemonizzato l’agenda mediatica:  intercettazioni telefoniche di esponenti politici, voci di compravendita di voti, nonché il sequestro di un elevato numero di schede elettorali non regolari da parte degli organi giudiziari il giorno prima della votazione.

In questo quadro, secondo il rapporto degli osservatori dell’Osce e del Consiglio d’Europa, i media hanno dedicato un’ampia copertura agli scandali, spesso a spese di una reale discussione e confronto sui programmi tra le forze politiche. La copertura mediatica è stata incentrata sui due principali schieramenti, il Gerb e la Coalizione per la Bulgaria, guidata dai socialisti. Tuttavia, rispetto al passato i media hanno tentato di dar voce a più attori politici in una serie di popolari programmi Tv: una scelta positiva, ma che non elimina tutti i problemi strutturali che affliggono il panorama mediatico.

Andrea Caretta


© FCSF - Popoli, 1 agosto 2013