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Meglio rischiare che rimanere

Le cronache recenti ci portano a contare il numero dei morti in un Mediterraneo in continuo lutto. 339 migranti hanno perso la vita nel naufragio del 3 ottobre, solo pochi giorni per ricominciare a contare: 11 ottobre, un altro naufragio, altre 190 vittime. Secondo i dati del sito Fortress Europe, negli ultimi 25 anni 19.372 persone sono morte lungo le frontiere dell’Europa e sono già 695 nel 2013 (il dato si basa sulle notizie recensite dalla stampa internazionale ed è aggiornato al 12 ottobre 2013).

Da dove vengono? Che cosa li spinge a pagare migliaia di dollari per un viaggio dalle condizioni difficili e dall’arrivo incerto?

La maggior parte dei richiedenti asilo presenti in Italia proviene dall’Africa. Nel 2012 sono state 9.561 le richieste d’asilo presentate da cittadini africani nel nostro Paese, 6.093 da cittadini di origine asiatica (dati Ministero dell’Interno, Quaderno statistico per gli anni 1990-2012).

Le vittime del primo naufragio erano quasi tutti di nazionalità eritrea. La storia di questa terra parla di una nazione in perenne stato di mobilitazione militare, sotto il governo totalitario di Isaias Afewerki. La maggior parte degli eritrei fugge dall’arruolamento militare obbligatorio e a tempo indeterminato. Bambini e bambine in età scolare (15 anni) devono completare l’ultimo anno della scuola secondaria nel campo di addestramento di Sawa, dove le condizioni sono difficilissime: le testimonianze descrivono violenze, punizioni molto dure e lavori forzati. I renitenti alla leva e gli evasori subiscono maltrattamenti e detenzioni arbitrarie.

Il secondo naufragio ha coinvolto, per la maggior parte, cittadini siriani. La crisi umanitaria in Siria ha raggiunto dimensioni drammatiche. Il conflitto, che da oltre due anni contrappone il regime di Bashar al Assad alle forze d’opposizione, continua a provocare migliaia di morti tra i civili. Il Rapporto 2013 di Amnesty International denuncia come attacchi aerei indiscriminati, impiego di artiglieria pesante, uccisioni sommarie, minacce e rapimenti siano divenuti la norma.

Quelle descritte sono solo alcune delle situazioni geopolitiche all’origine della scelta dei migranti di intraprendere i pericolosi viaggi verso l’Europa. Trovare la morte in questi percorsi non può più definirsi una «questione di emergenza», ma il frutto di politiche di gestione del fenomeno migratorio solo in termini di protezione delle frontiere e di contrasto all’immigrazione clandestina.

Politiche che non fanno che alimentare le reti criminali del traffico di esseri umani. Perché finché esisteranno guerre e persecuzioni le persone continueranno a fuggire, utilizzando l’unico modo che hanno: pagare i trafficanti sperando di giungere vivi a destinazione.

Per questo è necessario che gli Stati europei garantiscano canali umanitari che consentano ai migranti forzati di arrivare in sicurezza in Europa. Significa fornire loro una via di accesso che non passi attraverso l’affidamento della loro vita a criminali pronti a lucrare sulla disperazione. È urgente che l’Europa esamini seriamente la possibilità di investire l’Agenzia Frontex (l’Agenzia della Ue per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne) della responsabilità di accompagnare in sicurezza i migranti in fuga. È l’unico modo efficace per garantire una vera protezione.

Fondazione Astalli

 

I NUMERI DELLE FUGHE
Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur, o Unhcr in inglese), i rifugiati eritrei nel mondo sono 285.142 (2013 Unhcr regional operations profile - East and Horn of Africa). Generazioni di giovani hanno tentato la fuga in questi anni, dirigendosi principalmente verso l’Etiopia e il Sudan. Rispetto alla situazione siriana, la stessa agenzia riferisce che, attualmente, in Siria ci sono 4,25 milioni di sfollati e che i Paesi limitrofi (Giordania, Iraq, Libano, Turchia, Egitto) stanno sostenendo uno sforzo enorme per accogliere oltre 2 milioni di rifugiati.

 

© FCSF - Popoli, 1 novembre 2013