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Se la persecuzione coinvolge una famiglia

Dall’Egitto del caos politico e religioso accade di dover fuggire perché si è cristiani. È successo a George e alla sua famiglia, accolti a Roma.

George è un egiziano che, con la moglie e i due figli, è ospite della comunità per famiglie rifugiate «Pedro Arrupe» del Centro Astalli. Nel 2013, a causa della forte instabilità politica in Egitto, si è registrato un significativo aumento di famiglie egiziane cristiane che si rivolgono alla nostra associazione in cerca di aiuto per la domanda d’asilo, per un posto in accoglienza e per riuscire a trovare soluzioni ai principali problemi che devono affrontare come nucleo familiare.

Com’è costituita la vostra famiglia? Com’era la vita in Egitto?
La mia famiglia è composta da quattro persone: io, mia moglie, un figlio di 13 anni e una bimba di 4. Siamo di religione cattolica, io e mia moglie lavoravamo in scuole cattoliche, lei come segretaria e io come insegnante di musica e religione ad Alessandria. Nel pomeriggio gestivo un’attività privata di fotografia, regia e montaggio. Ero anche inviato per un canale televisivo cristiano. In parrocchia, invece, ero catechista di giovani e adulti e direttore del coro.

Quali sono le difficoltà che affrontano le famiglie cristiane in Egitto? E quali avete affrontato voi?
In Egitto ci sono milioni di cristiani, si tratta della più grande comunità cristiana del mondo arabo. Le nostre chiese sono piene di giovani che vivono la loro fede nonostante le persecuzioni, ma il governo Morsi ha reso la nostra vita quasi impossibile.
Più di 80 chiese sono state bruciate; le donne cristiane, senza velo, vengono riconosciute facilmente e spesso subiscono insulti e discriminazioni. Per me non è stato meno difficile. Io dovevo documentare i problemi di carattere socioeconomico della comunità copta per la Tv per la quale lavoravo. Ciò ha attirato su di me l’attenzione di alcuni gruppi terroristici: due volte sono entrati nel mio studio fotografico per rubare gli attrezzi; sono entrati persino in casa mia portando via tutti gli elettrodomestici. Quando le minacce sono diventate frequenti, siamo dovuti scappare!

E siete arrivati a Roma…
Sì, il parroco della chiesa che frequentavamo ci ha aiutati a organizzare il viaggio. Siamo arrivati a giugno 2012, all’inizio alloggiavamo in albergo, poi abbiamo affittato un appartamento per un mese… Non sapevamo che tutto fosse così costoso! Fortunatamente un frate francescano ci ha indirizzato al Centro Astalli, dove abbiamo trovato accoglienza presso il Centro Arrupe. Tutti sono molto disponibili con noi. È difficile essere una famiglia rifugiata: abbiamo paura del futuro, poca fiducia nell’altro, avvertiamo fortemente il bisogno di un sostegno morale, oltre che di un lavoro, una casa…

Una cosa bella vissuta qui?
L’incontro con papa Francesco! Ci ha riempiti di gioia e speranza, nella sua persona abbiamo sentito Dio vicino a noi.

Fondazione Astalli

La foto non si riferisce
ai soggetti descritti nell’articolo


UN CENTRO PER SENTIRSI (IL PIÙ POSSIBILE) A CASA
La comunità di famiglie rifugiate del Centro «Pedro Arrupe», gestito dal Centro Astalli, ospita da oltre dieci anni genitori con bambini in fuga da guerre e persecuzioni. Nel Centro sono disponibili 40 posti, in convenzione con Roma Capitale, suddivisi in piccoli appartamenti.
La vita nella comunità è improntata alla massima autonomia. Fin dall’inizio alle famiglie viene data la libertà di organizzare i propri tempi e gli spazi loro assegnati. In questo modo si cerca di restituire a ciascun nucleo un luogo in cui sentirsi finalmente a casa, un ambiente tranquillo in cui la routine diventi motore per una rinascita.
Le famiglie rifugiate richiedono un’attenzione particolare e una progettualità complessa che tenga nella giusta considerazione le esigenze di ciascun componente del nucleo.
L’inserimento scolastico dei piccoli, la ricerca di un lavoro per almeno uno dei due genitori e il trasferimento in un alloggio indipendente sono traguardi da raggiungere al termine di un percorso d’accoglienza, non sempre privo di ostacoli.

© FCSF - Popoli, 1 febbraio 2014