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La sete di Ismaele
Paolo Dall'Oglio
Gesuita del monastero di Deir Mar Musa (Siria)
Abbattere i muri
Sarò caotico, com’è oggi il mio cuore. Sono passato da Milano a salutare la redazione di Popoli. Mi hanno chiesto la mia sul romanzo egiziano di Ziedan, Azazel (cfr, in questo numero, pag. 72). Vi si agitano le stesse onde che s’accavallano in me, ma spinte da altri venti. È un duro attacco ai cristiani egiziani copti. Se la prende a morte con il grande patriarca Cirillo d’Alessandria in difesa di Ario e di Nestorio, eroi d’un condannato (dal potere imperiale) cristianesimo monoteista e in fondo protomusulmano. Ma sotto c’è la corrente apocrifa, esoterica, post-moderna e neo-gnostica, sufi e post-religiosa, new age e liberal, tutta amore, estasi monista, eros e nonviolenza... E tuttavia essa pure capace di genocidio in nome dell’uomo nuovo e divino.
Mi sembra, dopo essermi teso tutta la vita a ponte tra Islam e Chiesa, di dovermi ora «contendere » tra «religioni» e «reticolo-galassia gnostica». È ora d’inoltrarsi in spazi di empatia inesplorati. Opposti fondamentalismi ci costringono ad abbattere il muro d’odio: etnico, nazionale, dogmatico, misogino, omofobico, schifato delle povertà indecenti, odio di se stessi in nome della «natura», della «norma», dell’«ordine sacro e maschio», ma anche della «Terra Madre». Le Monde del 4 marzo: una foto dei cristiani iracheni di Mossul e l’articolo con i nomi dei miei amici di lì, strangolati tra curdi e arabi, tra sunniti e sciiti, tra americani (con i loro gregari) e islamici radicali...
Bisogna che scriva anche della prossima Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi (Roma, 10-24 ottobre). Ho riletto il documento preparatorio centrato sul valore della testimonianza evangelica e della Sacra Scrittura. Vi si spiega bene l’importanza della relazione religiosa-biblica tra Ebraismo e Chiesa, mentre lo spazio della relazione con l’Islam vuol restare sostanzialmente civile e secolare. Ma la testimonianza evangelica, anche la più generosa e inculturata, sarà sterile se autoreferenziale. Solo la considerazione del valore religioso dell’alterità porta a quell’esser compagni nel buon vicinato teologico dove c’è circolazione di carismi.
Inoltre l’autocritica verso i molteplici malcostumi ecclesiastici - sessuali, economici e sociali - è insufficiente. Nonostante vi siano in Oriente alcuni preti sposati, il potere episcopale, sempre collegato al celibato, si coniuga facilmente con aree di opacità e gravi disordini in ogni ambiente ecclesiale, specie giovanile. La carenza di libertà di stampa, le coperture politiche e l’istinto di autoprotezione comunitario evitano lo scoppio di scandali «all’irlandese» e si congiungono ai silenzi-materasso delle gerarchie. La denuncia circostanziata di fatti comprovati non produce alcun effetto medicinale e mette in pericolo le vittime.
A La Verna prego con san Francesco per la testimonianza cristiana in terra d’Islam. C’incontriamo ancora lassù con l’imam di Firenze, preghiamo per l’Islam italiano dei garage e dei sottoscala. Bella l’Italia senza moschee, come la Svizzera senza minareti... Chi semina vento raccoglierà tempesta...
Trieste ottocentesca è plurale. Mi commuovo nella chiesa greca e in quella serba, più in là è la sinagoga con quel che resta della comunità dopo la Shoah. Nella magnifica cattedrale di San Giusto c’è un mosaico del Trecento di Cristo in piedi che affascina e una brutta abside del XVI anno dell’era fascista. Una targa ricorda tardiva la cacciata del vescovo che s’era opposto alla violenza xenofoba. Alla Risiera di San Sabba m’inginocchio ad abbracciare un pilone di legno della «sala delle croci» del lager nostrano; come una Maddalena mi cola addosso il sangue dell’Agnello. Sono preso da vertigine: o suicidio o aiutare Iddio.  

© FCSF – Popoli, aprile 2010
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