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Cinema e Popoli
Luca Barnabé
Critico cinematografico
Almanya
Le sorelle Yasemin (regista e sceneggiatrice) e Nesrin (cosceneggiatrice) Samdereli, già autrici della popolare serie tv Kebab for Breakfast (da noi passata su Mtv), realizzano una spiazzante commedia sull’integrazione, presentata fuori concorso all’ultimo Festival di Berlino.
Sulle tracce del turco-tedesco Soul Kitchen di Fatih Akin e dell’anglo-pakistano East Is East, Almanya riesce a graffiare molti pregiudizi (turco-tedeschi e viceversa), con l’umorismo, le gag, le immagini e i dialoghi che si muovono tra il surreale e il realistico: la bottiglia di Coca Cola gigante che irrompe nei sogni dei piccoli turchi, la povertà palpabile del nonno giovane immigrato. «In Germania gli uomini sono tutti senza baffi!». «Oooh!», replicano i bambini al loro primo viaggio in «Almanya», gli occhi stupefatti puntati sulle pelli glabre dei maschi occidentali. Oppure, per diventare tedeschi perfetti, occorre - secondo un incubo atroce -: «Mangiare carne di maiale in quantità, andare in vacanza a Maiorca, avere una moglie con il seno enorme e i ventri gonfi di birra».
La chiassosa quanto gioiosa famiglia protagonista compie (oggi) una sorta di percorso à rebours, all’indietro, rispetto al viaggio compiuto dal nonno Hüseyn e dai figli primogeniti tanti anni prima: dalla Germania alla madrepatria (l’Anatolia), tra incomprensioni, sberleffi all’Occidente e all’Oriente, aperture e chiusure mentali. Lo sguardo della regista è impastato di sogni e allo stesso tempo lucidissimo. Il piccolo Cenk si sente escluso sia dal gruppo di compagni turchi, perché non parla il turco, sia dai tedeschi. Evidentemente non è biondo e il suo Paese d’origine non risulta nemmeno sulla mappa scolastica. La maestra spietata pianterà una bandierina con il nome del bimbo sul muro bianco, come a dire: «La tua patria non esiste! E se esiste non si vede».
Qualche «fellinismo» di troppo e qualche caduta di gusto (l’incubo ripetuto con Cristo in croce) rendono il film solo parzialmente efficace, ma è soprattutto la scelta di narrare la storia attraverso una sorta di diario infantile colorato e naïf a dare valore al primo lungometraggio cinematografico delle sorelle Samdereli.
Almanya, infatti, inquadra la realtà e i pregiudizi attraverso gli occhi della seconda e terza generazione d’immigrati. Il confronto con i padri è scontro e armonia, incomprensione e amore, tutti sentimenti amplificati rispetto agli occidentali. Il senso di comunità e di appartenenza è spesso conflittuale sia all’interno sia verso l’esterno. Il senso di esclusione diffusa forse è sanabile solo in una società utopica, ma il sorriso, lo stupore e l’accoglienza restano un primo passo.   

© FCSF – Popoli, 1 febbraio 2012