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Maurizio Ambrosini
Università di Milano, direttore della rivista Mondi migranti
Chiesa e immigrati:
mondi ancora paralleli
Natale, tempo di famiglia oltre che, per i credenti, di accoglienza di un Dio che si fa bambino.
Anche gli immigrati, in Italia, sono sempre più spesso accompagnati dalle loro famiglie. Molti festeggeranno il Natale con i loro cari, magari dopo anni di attesa. Tra gli stranieri non appartenenti all’Unione europea e non titolari di permessi di lunga durata, le autorizzazioni al soggiorno in Italia per motivi familiari sono ormai quasi un terzo del totale (31,7% a fine 2011).

Del tema si è occupata la 47ª Settimana sociale dei cattolici italiani, svoltasi in settembre a Torino, dedicata alla famiglia. Il documento finale dell’Assemblea tematica sull’argomento auspica il «passaggio dal codice del parallelismo a quello della reciprocità»: le comunità ecclesiali e le comunità immigrate, anche cattoliche, vivono fianco a fianco, sostanzialmente separate. Comunicano ancora poco. Un dato emblematico: nei consigli pastorali parrocchiali e diocesani, anche di grandi diocesi, le persone di origine immigrata sono rarissime.

Un altro nodo critico consiste nel passaggio «dal codice del soccorso al codice della convivialità». Molto dell’impegno dei credenti va verso l’aiuto nel bisogno, tra l’altro ancora più pressante in questo tempo di crisi. Ancora poco sviluppato, malgrado esperienze positive, appare lo scambio paritario, un «sedersi insieme a tavola», condividendo iniziative e progetti, spazi e momenti di socialità quotidiana.
Un aspetto particolarmente dolente tocca poi lo sfruttamento e l’ipocrisia. Ci sono famiglie italiane cattoliche praticanti che sfruttano gli immigrati e le immigrate: nelle loro case, nei campi, nel lavoro. Altre li fanno oggetto di pregiudizi volgari e insultanti. Né va trascurato lo sfruttamento nel grande mercato del sesso.

Si tratta dunque di progettare un futuro con le famiglie immigrate, non solo per loro. Qui entra in gioco il tema dell’accesso alla cittadinanza e della partecipazione attiva alla vita sociale, anche nel volontariato e nel servizio civile, abolendo le barriere normative che lo impediscono. Tra le indicazioni operative, va ricordata quella di ridefinire le Settimane sociali come «dei cattolici in Italia» (anziché «dei cattolici italiani»).
In definitiva la presenza di famiglie immigrate può rappresentare un’occasione profetica per la Chiesa e per la società italiana, come già ricordava il cardinal Martini, per conoscere altre religioni e altri universi culturali. Può fungere da vettore di apertura alla mondialità, di comprensione di vari nodi critici della società globale, di alimentazione di progetti e gemellaggi. Può offrire una vivente opportunità di conoscenza della diversità e dei molti modi in cui si può esprimere la stessa fede religiosa e l’esperienza comunitaria che ne deriva. Cattolico significa universale: gli immigrati ci aiutano a ricordarlo.


© FCSF – Popoli, 17 dicembre 2013