Home page
Webmagazine internazionale dei gesuiti
Cerca negli archivi
La rivista
 
 
 
Pubblicità
Iniziative
Siti amici
Idee
Cerca in Idee
 
L'ultima Parola
Silvano Fausti
Gesuita, biblista e scrittore
Evangelizzazione: cosa non fare
e cosa fare?
«Gesù ordinò loro di non separarsi da Gerusalemme. (…) avrete forza dallo Spirito Santo e sarete testimoni di me» (Atti 1,4.8)

Nel 2012, anno dell’evangelizzazione e della fede, leggeremo gli Atti degli apostoli. Per la Chiesa è un testo fondante e normativo: racconta la fede e l’evangelizzazione della prima comunità cristiana. Il libro non parla di Gesù, ma di noi, suoi discepoli, i cui progetti non sempre sono da Dio. Sono spesso umani, molto umani, anzi satanici, dice Gesù a Pietro, nostro rappresentante (Mc 8,33)! Per questo gli Atti degli apostoli ci dicono prima cosa non fare e poi cosa fare.
Primo: cosa non fare? Quest’anno di grazia non si perda in censimenti e strategie di potere! Il Regno non viene dalla spada di Pietro. Il suo ridicolo gesto nel Getsemani è profezia di quanto noi facciamo appena possiamo. Ma il potere mondano non fa che tagliare orecchie e impedire l’ascolto della Parola. Il segnale d’attacco per le 12 legioni d’angeli finisce sempre in vergogna e fuga (Mt 26,51ss). Per questo Gesù ci ordina di non separarci da Gerusalemme, luogo della croce. Non dobbiamo cercare vittorie, sognando improbabili Emmaus (Lc 24,13ss; cfr 1Mac 4,1ss). Lì, sul Calvario, vediamo l’unica «teoria» vincente: Dio si mostra faccia a faccia, amore più forte della morte (Lc 23,40-48). Lì tocchiamo come siamo amati e riceviamo lo Spirito di Dio. Altrove beviamo altro spirito.
Secondo: cosa fare? Qui mi permetto di dire un segreto, tanto ovvio quanto dimenticato: l’evangelizzazione si fa con il Vangelo. Che va ascoltato e assimilato sino a farsi carne della nostra carne. La Parola, incarnata in Gesù, è tornata Parola nel Vangelo per incarnarsi in noi. L’uomo diventa ciò che ascolta! Il cristianesimo non è un’ideologia con rispettabili prescrizioni e divieti. È una storia concreta: quella del Figlio che si fa fratello di tutti per rivelare l’amore del Padre.
La nostra fede è amare quel Dio crocifisso per bestemmia dai religiosi e dai potenti, quel Dio libero e liberante, che nessuno mai ha visto e che la carne di Gesù ci ha mostrato. Questa fede viene dall’ascolto della Parola, testimoniata prima con la vita e detta poi con le parole del Vangelo stesso. Esso infatti svela ciò che siamo: siamo figli se continuiamo a fare e insegnare ciò che il Figlio «principiò a fare e insegnare», come è scritto nel «primo libro» (At 1,1), ossia nel Vangelo. Cristiano è chi vive lo stile di Gesù. Questo non è privilegio di pochi devoti: è dono per tutti. Gesù non ha costruito un recinto per raccogliere i buoni. Ha rotto steccati e istituzioni sacrissime per aprirci alla nostra verità: ogni uomo è fratello di ogni altro. Solo così Dio è Padre di tutti e il Figlio tutto in tutti.
La Chiesa nasce dalla risposta all’ultima domanda dei discepoli a Gesù: «È questo il momento in cui ricostituirai il Regno d’Israele?» (At 1,6). Essi desiderano, come noi, una rivincita sulla sconfitta del Maestro. Non sanno ancora che la sua vittoria è la croce. Il Regno di Dio non è potere che domina, ma amore che serve tutti. Il Regno di Dio è opposto al nostro (cfr Lc 22,24-27; Gdc 9,8-15): ci libera dalle false immagini di Dio e di uomo. La sua «magna charta» inizia così: «Beati voi poveri, perché vostro è il Regno dei cieli» (Lc 6,21-26). Le beatitudini, condensato del Vangelo, sono l’autoritratto di Gesù. Lui è il Regno di Dio, che prima era «in mezzo a noi» (Lc 17,21). Ora sarà «in noi» in forza del suo Spirito che ci fa figli, inviati dal Padre a tutti i fratelli, nessuno escluso. L’evangelizzazione ci porta con Maria ai piedi della croce (cfr Gal 3,1). Lì, una volta ubriacati dal vino nuovo, «non possiamo tacere ciò che abbiamo visto e ascoltato». E siamo spinti a testimoniarlo «fino agli estremi confini della terra» (At 4,20; 1,8).
© FCSF – Popoli, 2 gennaio 2012