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La sete di Ismaele
Paolo Dall'Oglio
Gesuita del monastero di Deir Mar Musa (Siria)
Evoluzione e peccato
9 marzo 2012 - Finalmente un giorno primaverile. A Homs «c’era la neve» quando terminò con successo l’operazione militare contro gli insorti di Baba Omr. A noi parve un bianco angelo che venne a stendere pietoso ali di soffice cristallo sulle piaghe dei nostri cuori.
Oggi siamo sorpresi nel vedere di nuovo alcune famiglie salire al monastero per un Venerdì diverso, con i bambini.
Domani arriva a Damasco Kofi Annan, Segretario generale dell’Onu, ma le speranze in vista sono poche. La guerra civile è in corso e il Paese fa da ring per conflitti regionali (Iran-sciita e arabi-sunniti + Turchia) e globali (Nato e Russia + Cina). Le sanzioni ci stanno già riducendo alla fame con il solito scarso impatto sul destino del regime. La paura dell’islam fa novanta e si riattivano vecchie complicità. La democrazia è troppo pericolosa da queste parti.
Così si va svuotando lo spazio civile di rivendicazione pacifica dei diritti e di sogno interconfessionale giovanile per un futuro più bello e giusto. «Padre, voglio partire… a casa non c’è più di che vivere… trovami un lavoro in Italia!», implora piangendo una giovane cristiana che, un anno fa, guardava con occhi lucidi d’emozione il sorgere timido d’un sole subito insanguinato.
Allora, signori teologi, ditecelo sotto Pasqua, mentre Quaresima arranca: questo soffrire atroce è evoluzione o peccato? L’islam, in ritardo rispetto all’evento messianico e come volto all’indietro relativamente alle conquiste evangeliche (ch’esso taccia d’illusorie per la durezza della natura umana), costituisce un immenso macigno sul cammino «felice» dell’umanità globalizzata... Il mondo musulmano, troppo a lungo abituato a scaricare tutte le colpe sui nemici, deve ora fare i conti col suo proprio peccato, all’interno del suo specifico processo evolutivo, peraltro inscindibile dal resto del mondo. Per questo è opportuno che i «Paesi musulmani» possano esprimersi in modo autonomo, senza corrotte e interessate balie e pedagoghi. Solo la piena responsabilizzazione metterà il movimento islamico politico, nelle sue conflittuali espressioni, di fronte alle proprie scelte, doveri evolutivi e dolorose contraddizioni.
Non sto dicendo che occorra stare alla finestra, e finché avrò vita non lo voglio fare. Sempre meno è possibile assistere impotenti alle sofferenze d’un popolo, tanto in caso di catastrofe naturale che politica; e ciò sia perché siamo troppi al mondo e tanto interconnessi, sia, speriamolo, perché le coscienze non sopportano più l’ingiustizia in TV senza far nulla, e questo ha un impatto elettorale.
Gesù risorto avrà qualcosa da dire riguardo alla peccaminosa evoluzione odierna se tanti vorranno, discretamente, fare la sua stessa scelta e se, con sorpresa infantile, riconosceranno i semi del Regno nel terreno del vicino. Sì, compreso l’islam!


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© FCSF – Popoli, 1 aprile 2012