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Maurizio Ambrosini
Università di Milano, direttore della rivista Mondi migranti
Gli immigrati consumano il nostro Welfare?
Un nuovo spettro si aggira per l’Europa. È la paura del cosiddetto «welfare shopping»: l’arrivo di rifugiati e immigrati, soprattutto dai nuovi Paesi membri dell’Unione Europea, per richiedere benefici sociali, sussidi e costose cure mediche nei Paesi più sviluppati. Il Regno Unito in particolare, dove il governo Cameron è sotto pressione da parte dei nuovi e spregiudicati competitori dell’Ukip, ha lanciato l’allarme e inasprito le regole per l’accesso ai servizi. La Germania ha fatto seguito, annunciando misure analoghe. Addirittura si pensa di mettere in discussione un pilastro fondativo della costruzione europea, la libera circolazione dei cittadini dei Paesi membri.

La questione è particolarmente insidiosa,
perché contrappone bisogni e diritti dei cittadini nazionali a quelli dei potenziali competitori. Per di più in tempi di restrizioni della spesa pubblica.
Credo sia importante chiarire due punti. Malgrado le paure, non si vedono carovane di nuovi migranti muovere da Romania, Bulgaria o altri Paesi verso i presunti Eldorado dell’Europa occidentale e settentrionale. I sussidi di disoccupazione non sono un incentivo sufficiente, se parametrati al costo della vita.

Secondo, e questo punto vale anche per noi: gli immigrati sono una voce attiva della spesa sociale. Arrivano avendo completato la fase di istruzione, sono attivi nel mercato del lavoro (l’occupazione degli immigrati in Italia è aumentata durante la recessione), consumano poche spese mediche per effetto dell’età mediamente giovane e della selezione alla partenza, non sono ancora giunti all’età della pensione. Certo, con il tempo l’età avanza e la loro composizione demografica si avvicina a quella della popolazione nazionale. Per questo, abbiamo semmai sempre bisogno di nuovi immigrati economicamente attivi.

Dunque anche il welfare shopping sarebbe una paura da archiviare nel già ingombro armadio dei timori infondati nei confronti degli immigrati. Sennonché, anche i timori infondati servono alla ricerca di consenso politico.



© FCSF – Popoli, novembre 2014