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La sete di Ismaele
Paolo Dall'Oglio
Gesuita del monastero di Deir Mar Musa (Siria)
Il Testamento del rivoluzionario Khalil

[Questo testo è pubblicato sul numero di marzo di Popoli, ed è stato scritto a metà febbraio]

Mi ha raccontato Khalil, un giovane siriano non ancora trentenne, che, mentre si trovava nella prigione dei servizi di sicurezza della Siria degli Asad, fu appeso nudo con dei ganci di ferro al muro in modo da poter toccare terra solo con la punta dei piedi. Dopo alcuni giorni lo gettarono, come una pezza sporca, in una cella affollata da poveri disgraziati, e questi lo considerarono dapprima come morto assassinato dalle torture.
Mi ha raccontato con commozione di due ragazzi, che seppe poi essere cristiani, che si strapparono brandelli di abiti per farne delle bende e medicargli le piaghe. Con difficoltà e timidezza mi ha parlato, in seguito, della violenza sessuale subita da parte dei suoi carcerieri, tale da procurargli un handicap permanente.
È da diversi giorni che penso a un testamento da rivolgere ai miei cari, monaci e monache, amici e parenti, prima del mio rientro in Siria, con lo scopo di agire spiritualmente e con l’informazione in favore del dialogo e della riconciliazione nazionali nelle zone afflitte dal conflitto civile, e ciò visto che potrei essere in procinto d’abbandonare questo triste mondo. E ieri notte ho sognato di Khalil che mi leggeva un testo assicurandomi d’averlo scritto in cella sentendosi la morte vicina. Svegliatomi l’ho subito scritto perché il giorno fatto non me lo portasse via.
«Oh Dio, alla mia morte t’imploro di lasciarmi in spirito in questa valle di Gehenna accanto ai prigionieri e ad ogni ragazza che piange la perdita dell’onore. Immergimi, Signore, nello stagno di fuoco dell’angoscia dei padri e della disperazione delle vedove. Affossami nell’inferno dell’agonia dei nostri piccoli, vittime dei missili scud e delle bombe a grappolo, uccisi da chi ha posto delle comode linee rosse al genocida dei suoi concittadini.
Permettimi, Signore, di restare in questo fuoco, ché infatti disprezzo i fiumi paradisiaci allorché la patria è percorsa da torrenti di sangue, e rifiuto i divani di broccato mentre il mio popolo bivacca nei campi profughi e dorme all’aperto sotto zero. Temo di disgustarmi delle spose celesti mentre i miei familiari subiscono umiliazione, vessazione e ogni genere d’attentato ai più elementari umani diritti…
Oh Dio misericordioso, sii generoso con me e mandami all’inferno… lasciami alle braci del mio desiderio di dignità e onestà, precipitami nell’abisso di nostalgia per una patria che goda d’una pace limpida e onorevole con tutto il vicinato, tanto quello interno arabo che quello esterno regionale. Riattizza in me il desiderio che nel mio paese si realizzi l’unità in un magnifico pluralismo musivo. Brucio nelle fiamme dell’attesa di vedere il diritto (al-haqq: verità, legge… ma anche sinonimo di Dio il Giusto) vittorioso e il sopruso sconfitto e abbattuto, giudicato infine di fronte a tutti gli onesti e gli oppressi del mondo.
Oh Dio, oh Pace e Giustizia, se tu m’avessi destinato, per tua cortesia e tenerezza, al Giardino… siano ora le mie delizie il sentimento che provo quando grido a squarcia gola “libertà, libertà” in faccia all’oppressore istupidito e i suoi schiavi accecati… Consista il mio Paradiso, per tuo dono, oh Dio, per la tua vicinanza e per l’esperienza della tua presenza, oh tu che perdoni, nel mio gridare all’infinito col mio popolo, gente libera, “Dio è il più grande, Allahu akbar!” senza paura anche sotto la pioggia dei proiettili. Il mio paradiso oggi sono i cuori di coloro che si sono levati a soccorrere il mio popolo sofferente e ferito, e penso anche ai politici non corrotti né vigliacchi, quelli che sanno servire l’equità e la solidarietà. La mia felicità è il federarmi e l’unirmi a tutti coloro che operano per la riconciliazione e la rinuncia alla vendetta, perseguendo una giustizia disciplinata dalla forza della fede, al fine d’educare delle nuove generazioni a discernere quanto è lecito da quanto è criminale. La mia gioia è di stare con quei rivoluzionari eroici che offrono sé stessi non per odio verso alcuno ma per esprimere un amore universale. Tutto il mio piacere è nell’essere accanto a coloro che curano i feriti e assistono i mutilati, a coloro che fanno informazione e servono la rivoluzione su internet… perché non muoia questo popolo in rivolta, che testimonia che non c’è Dio se non te, il Giusto, il Signore che perdona, il misericordioso.
Nella sofferenza e nell’angoscia mi ha toccato la tua mano amorosa oh Dio, e ho cercato il tuo volto stupendo riflesso su quelli generosi dei giovani di questa rivoluzione… non desidero altro Giardino e sono contento di questo inferno fino al giorno della tua vittoria, il giorno della liberazione, il giorno nel quale sarà evidente ciò che è autentico e adeguato alla buona e attesa riforma, il giorno nel quale le radici dell’ingiustizia saranno scoperte e sradicate. Non c’è infatti potere e forza se non in te, il più misericordioso tra i misericordiosi. E sia lode a Dio Signore degli universi!»



© FCSF – Popoli, 27 febbraio 2013