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L'ultima Parola
Silvano Fausti
Gesuita, biblista e scrittore
Il profumo dei gelsomini
La sera del 30 maggio il centro di Milano si è tinto di arancione. Non un rosso «novecentesco», ma un più chiaro arancio che ricordava le manifestazioni di pochi anni fa in Ucraina dove i giovani chiedevano ai politici pulizia e riforme. La piazza milanese era piena di giovani che festeggiavano un cambiamento, esprimevano una partecipazione, nuove forme di impegno. Spinte analoghe sono partite a sud del Mediterraneo, dove ci sono più povertà e meno democrazia che da noi. C’è qualcosa di evangelico in questa parola greca, «democrazia», che nelle Scritture non compare mai?
Lettera firmata

Il profumo dei gelsomini è arrivato anche da noi. Convenuta spontaneamente in piazza Duomo, una moltitudine di giovani con faccia pulita, mamme con lattanti al collo e papà con bimbi in spalla. Una vecchietta issava su un manico di scopa la scritta: «Dal 1945 non ho visto un giorno simile». Un alto signore si aggirava con il disegno di un cervello e le parole: «L’aggio portato questa sera». Tutti contenti. Nessuno gridava contro altri o aveva l’aria di «mangiar bambini». Un gradito rifiorire di partecipazione, solidarietà e legalità, confermato dai referendum di giugno.
È stato lungo l’inverno. Il fuoco utopico del «Sessantotto» fu subito spento da violenze ideologiche, opposti estremismi, stragi di Stato, mafia, anni di piombo e P2, fino a giungere, salvo brevi parentesi, all’attuale P3, aggiornata in P4, che sta destrutturando la Repubblica democratica e la sua Costituzione. Povera Italia, «non donna di provincie, ma bordello»! «La libertà», da proprietà di chi ha la lussuria di dominare, è tornata diritto di tutti. Uno non può stare al potere solo per non finire nelle patrie galere!
Al rosso del sangue – versato è sempre segno di morte! – si è sostituito l’arancione, colore dell’aurora e del tramonto, inizio di un giorno nuovo e preludio di un altro migliore. C’è da vigilare sulla violenza, trappola che uccise le istanze del «Sessantotto». La violenza giova solo al disonesto più forte. Non è mai «levatrice della storia»: fa solo aborti!
La parola «democrazia», anche se mai usata nella Bibbia, ne è il concetto basilare. Il popolo che Dio liberò dalla mano dei potenti, deve mantenersi libero: «Fratelli, siete chiamati a libertà». Però la libertà non è fare i propri interessi, ma essere a servizio gli uni degli altri (Galati 5,13s). Nella Bibbia Dio è re e noi siamo suoi figli. Ognuno è re, perché uguale a lui, sacerdote, perché in comunione con lui come Padre, e profeta, perché conosce la verità che fa accettare gli altri come fratelli.
La critica biblica alla monarchia è spietata: leggi Giudici 9,8-15, favola diffusa in molte culture dell’antichità e sempre attuale. Quando Israele vuole un re, Dio svela con esattezza le malefatte che sempre farà chi vuol dominare (1Samuele 8,1ss). Presso ogni popolo il re è immagine di Dio, uomo ideale e ideale di ogni uomo: è libero di fare ciò che gli piace.
Questo re, per la Bibbia, corrisponde all’immagine satanica di Dio che suggerì il serpente (Genesi 3,1ss) o all’idolo di Daniele 2,31-35. Noi cristiani, quando vogliamo realizzare il Regno di Dio mediante il potere mondano, siamo discepoli non del Cristo, ma di Satana, l’anti-cristo (cfr Marco 8, 27-33). Perché il Signore non è come i re di questo mondo che tiranneggiano gli altri: è amore che sa servire e dare la vita (Marco 10,35-45).
Chi vuole un re che lo domini, rifiuta Dio e la propria libertà di figlio. Avendo ben chiaro che la libertà cristiana è il contrario di quella che propone la così detta «casa della libertà» con i suoi festini (leggi «L’ultima Parola» di marzo e aprile 2011).
© FCSF – Popoli, 1 agosto 2011