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L'ultima Parola
Silvano Fausti
Gesuita, biblista e scrittore
Il regno di Dio in mezzo a noi
Oggi si compie questa scrittura (leggi Luca 4,14-30) Gesù inizia la propria missione a casa sua, a Nazareth. Suo mezzo è la Parola. Non la parola vuota, trappola per ingannare altri; ma quella che è il pane di cui vive. L'uomo diventa la parola cui presta ascolto. Essa è principio del suo pensare, sentire e agire. La parola falsa lo uccide, facendolo pensare, volere e agire a vuoto. La parola vera gli restituisce la sua realtà. Gesù è la carne stessa della Parola del Padre, perfettamente ascoltata. Ciò che in lui oggi si compie è il messaggio di Isaia, che annuncia l'anno giubilare, l'anno santo (Is 61,1s). In esso, sciolti da debiti e schiavitù, tutti ritornano nei loro possessi e famiglie (Lv 25,10ss). È l'anno di grazia, accetto a Dio, che è padre di tutti e che vuole che gli uomini siano fratelli. Siccome ci uccidiamo per appropriarci dei beni, la Bibbia afferma che nessuno è proprietario o padrone. Solo Dio è proprietario. Ma non padrone, bensì padre, che dona a ciascuno ciò che gli serve per vivere. Gesù è mandato a portare ai poveri la buona notizia. Essa si sintetizzerà nelle beatitudini: «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio» (Lc 6, 20ss). A noi questa parola sembra una beffa per i poveri che l'ascoltano. Ma è l'unica che può aprirci gli occhi sulla realtà e farci uscire dai nostri deliri. Al mondo ci sono miliardi di poveri. Un «popolo di crocifissi», che porta su di sé il male del mondo. Beati i poveri! Gesù si identifica con loro. Le beatitudini sono la sua autobiografia: la sua vita di Figlio e fratello. È lui il regno di Dio, libertà e salvezza dell'uomo. Come è possibile? Per noi il male è essere poveri, affamati, afflitti, odiati, disprezzati, emarginati. E il bene è essere ricchi, satolli, gaudenti, ossequiati, onorevoli ed eccellenti. Per questo rubiamo, affamiamo, affliggiamo, odiamo, disprezziamo ed emarginiamo. Quando sapremo che il male non è essere affamati, emarginati o uccisi, bensì affamare emarginare e uccidere, allora non ci saranno affamati, emarginati e uccisi. Quando saremo disposti a non fare il male, a nessun costo, allora sarà il regno di Dio. Ora è presente in chi non può o non vuole fare il male. E per questo lo porta su di sé, in attesa che chi lo fa venga alla luce. E veda in tutti i poveri della terra Dio stesso che porta su di sé il male del mondo. Ciò che facciamo loro, lo facciamo a Dio. E salva noi, non loro. Se apriamo gli occhi, nel mondo scomparirà l'ingiustizia. E la sua radice. Vedremo che ciò che vale non è possedere o dominare, ma condividere e servire. E capiremo il valore supremo della povertà. Uno non è ciò che ha, ma ciò che dà. Chi ha cose, dà cose; chi ha nulla, dà se stesso. Ed è finalmente se stesso. Perché è come Dio: ama. E l'amore non è dare cose, ma se stesso. E scopriremo la nostra verità: tutto ciò che abbiamo e siamo l'abbiamo ricevuto. Dalle cose materiali e spirituali fino al nostro io, tutto è dono di Dio. Se lo possediamo, lo distruggiamo. Se lo doniamo, lo realizziamo. E diventiamo come Dio, sommamente povero. Egli è amore che tutto dà: il suo essere è essere dell'altro. La povertà, come l'umiltà, è la qualità più alta di Dio. Del Dio amore, principio di vita, che si mette nelle mani di tutti. Non del dio padrone, principio di morte, che mette le mani su tutti. Evangelizzare è innanzi tutto aiutare le persone a passare dalla logica del possesso a quella del dono: dalla morte alla vita. È chiaro poi che dobbiamo dar da mangiare all'affamato e da bere all'assetato, ospitare l'immigrato e vestire il nudo, sollevare l'ammalato e visitare il carcerato (Mt 25,35s). Ma in questa ottica. Diversamente è azione di potere, copertura di cattiva coscienza. Invece di curarlo, moltiplica e giustifica il male.
© FCSF – Popoli, 1 aprile 2007