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La sete di Ismaele
Paolo Dall'Oglio
Gesuita del monastero di Deir Mar Musa (Siria)
Il velo islamico in un mondo disincantato
Giorni fa ero all’aeroporto di Damasco ad aspettare amici. Molti aerei giungono da tutto il mondo musulmano. Le signore del Golfo arrivano sollevando il velo dal volto e mostrando magnifici foulard: sanno d’esser belle ed eleganti.
È una larga maggioranza quella che nel mondo musulmano ritiene oggi che il velo integrale (burqa, niqâb, khimâr) non costituisca un dovere legale religioso. Invece il foulard (hijâb) che copre i capelli e il collo ma non il volto, scendendo a volte sulle spalle o fino ai piedi (chador), è considerato obbligatorio dai più. Per la preghiera le musulmane, anche quelle che scelgono normalmente di andare a capo scoperto, si vestono in modo tradizionale e si velano il capo.
Noto che, in generale, si fa strada tra i musulmani la convinzione che imporre è controproducente. Vedo in città donne velate a braccetto di ragazze in foulard e jeans, accompagnate tranquillamente da amiche a capo scoperto… Una grande varietà, con molta fantasia e inventiva. Certo ci sono anche donne con il volto velato e completamente in nero, con pure i guanti. Si tratta di posizioni radicali, spesso con colorazione politica polemica, oppure connesse con ruoli religiosi di guida o con il desiderio di esprimere un forte impegno devozionale.
Vietare il foulard islamico a scuola, come in alcuni Paesi europei e anche in Paesi musulmani «laici» come la Turchia, costituisce una discriminazione molto dolorosa e incomprensibile per chi la subisce e che rischia poi di provocare una perdita di fatto del diritto allo studio di numerose giovani musulmane. Comprendo invece che per ragioni di sicurezza e di dignità, sia della donna sia della società, si possa decidere di scoraggiare l’uso del velo integrale nella funzione pubblica, nella scuola, forse anche sui mezzi di trasporto e perfino, in qualche caso, per strada. Resta invece l’opportunità della tolleranza nelle riunioni musulmane nelle moschee (salvo la necessità dei controlli di polizia). Credo sia opportuno che i provvedimenti restrittivi siano presi sollecitando i pareri delle consulte islamiche ed evitando atteggiamenti di disprezzo e giudizio verso le persone interessate e le loro famiglie.
Cosa significa il velo musulmano? Innanzitutto è dire che la donna è «sacra»; rappresenta l’onore della famiglia e l’inviolabilità dello spazio del focolare, sicché fuori da questo spazio deve essere protetta. Certo, si può contestare che in questo modo si esprime un giudizio morale negativo sui maschi. Però si può ribattere che il velo libera i maschi da un’attenzione per le signore che non sia solo devota e civile. Chi chiedesse perché i maschi non si velino a loro volta riceverebbe la risposta che la complementarietà dei sessi non significa semplice uguaglianza e che le donne sono di loro natura più virtuose. Sono poi loro ad attrarre, più che gli uomini. Si deve anche aggiungere che tradizionalmente i maschi musulmani sono assai vestiti, e in generale si coprono il capo quando sono fuori di casa e, per la preghiera, anche a casa.
Ricordo le spiegazioni d’un noto professore tanti anni fa alla facoltà di Scienze islamiche dell’università della capitale siriana. In classe eravamo «misti»: gli studenti di qua e le studentesse di là. Affermava che il velo integrale che scende sul volto e l’abito che nasconde interamente le forme del corpo rappresentano una contestazione della corruzione della società, una testimonianza contro di essa, un richiamo a giustizia e rettitudine. Quando queste saranno davvero realizzate allora le musulmane potranno mostrare il volto. Insomma il velo rappresenterebbe un segno, una risposta al peccato e alla corruzione nella prospettiva della perfezione paradisiaca. In questo senso il «pessimismo» musulmano farebbe da contrappeso all’ottimismo licenzioso dell’Occidente odierno.
La Kaaba della Mecca è coperta da un velo, come un’amata misteriosa. La Vergine Maria, che i musulmani apprezzano velata nell’iconografia cristiana, nel Corano è posta in relazione con il mistero della Città santa di Gerusalemme e con l’abside del tempio. Spesso, nelle chiese, il tabernacolo è coperto da un velo.
A Milano, la signora Santanché è andata a strappare il velo alle musulmane alla porta della moschea. Ciascuno di noi deve decidere come vuole santificare la Terra, la nostra piccola terra santa al quotidiano. Sarà attraverso il rifiuto dell’altro, cercando di strappargli la sua differenza? Oppure riconoscendo che il sacro nasconde e comunica sempre un velato segreto?

© FCSF – Popoli, dicembre 2009
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