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Cinema e Popoli
Luca Barnabé
Critico cinematografico
Il villaggio di cartone
In un presente-futuro prossimo i «clandestini» vengono inseguiti a colpi di mitra e ogni città è setacciata con gli elicotteri dalle forze militari. Tutto questo nel nuovo film di Ermanno Olmi non lo «vediamo» con gli occhi, ma ascoltando i rumori fuori campo degli spari, le grida, il ronzare di pale degli elicotteri della polizia. Tutti questi suoni vengono appunto «da fuori», dal fuori campo, mentre lo sguardo della macchina da presa si muove per gli spazi angusti e ormai fatiscenti di una chiesa sconsacrata dall’architettura moderna. Come a dire: ci sentiamo ancora protetti in una chiesa, che non è più tale, mentre non ci rendiamo conto che quegli spari, quelle grida sono più verosimili di quanto vogliamo credere e di quanto vogliamo raccontare a noi stessi. È davvero fantascienza?
Un gruppo di immigrati irregolari trova rifugio dentro la chiesa, grazie a un vecchio prete assalito dai dubbi (straordinario Michael Lonsdale già «uomo di Dio» in Des hommes et des dieux del regista Xavier Beauvois). I paramenti diventano le coperte per un giaciglio, le candele servono a scaldare l’acqua per lavarsi, ogni orpello torna ad avere una funzione pratica, un’utilità.
In un tempo in cui la Chiesa sembra spesso incapace di risposte concrete, Olmi muove tutta la sua forza visiva e di spirito per mettere in discussione le incertezze, i tentennamenti, le debolezze del culto contemporaneo. Il Verbo sembra sempre più incapace di tradursi in azione evangelica nel quotidiano, così come avveniva all’inizio dei Centochiodi.
I libri inchiodati al pavimento di una biblioteca erano l’inizio del cammino del «Cristo senza nome» dei Centochiodi verso una vita nuova e un ritorno al messaggio evangelico più profondo. I libri venivano inchiodati dal professore proprio perché colpevoli di non incarnare più il Verbo. Il villaggio di cartone, invece, comincia con alcuni crocifissi tolti dalle pareti e alcune icone sacre strappate via dalla chiesa sconsacrata. Olmi riesce a restituire senso e potenza ai simboli e all’allegoria, nell’epoca in cui i segni e le icone di ogni religione paiono ormai svuotati di senso e il culto pare spesso vacua idolatria di superficie, gesto scaramantico.
Il «villaggio di cartone» del titolo è quello imbastito dal gruppo di irregolari che trovano rifugio all’interno della chiesa. Il titolo richiama però anche ciò che può sembrare oggi la Chiesa più istituzionalizzata e arroccata in se stessa, troppo spesso incapace di aprirsi all’uomo e al diverso di qualsiasi forma e natura.
Dice il vecchio e stanco prete interpretato da Lonsdale: «Quando la carità diventa un rischio, quello è il momento della carità!».
Del film, nelle sale dal 7 ottobre, esiste anche un ottimo making of diretto dall’ex allievo di Olmi, Maurizio Zaccaro, Un foglio bianco, presentato a sua volta all’ultima Mostra di Venezia.
© FCSF – Popoli, 1 novembre 2011