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Cinema e Popoli
Luca Barnabé
Critico cinematografico
Intouchables (Quasi amici)
Driss, ragazzo della banlieue parigina di origine senegalese, si divide tra carcere, sussidi statali e un rapporto controverso con la famiglia. Philippe è diventato tetraplegico per un incidente in parapendio. È ricco e solo, nonostante sia circondato da domestici, medici e infermiere. Cerca una nuova persona che lo assista giorno e notte e, dopo un colloquio, sceglie proprio Driss, incurante del suo aspetto trasandato. Tra i due uomini nasce un’amicizia fraterna che arricchisce entrambi e restituisce loro un po’ di gioia di vivere.
«Nessuna pietà!» grida a Philippe un amico, invitandolo a rifiutare Driss per il suo passato losco. «Quel tipo non avrà nessuna pietà... ha la fedina penale sporca!».
«Nessuna pietà! - ribatte lucido Philippe - È esattamente quello di cui ho bisogno...». Come a dire: «tutti voi mi trattate come diverso anche quando parlate con me e non mi date che la vostra pietà».
Philippe al principio del film pare un uomo svuotato di ogni impulso vitale. Sono la forza e l’esuberanza di Driss, l’aspetto da rapper duro ma con un cuore, il suo parlare rozzo ma sincero, a restituire a Philippe il piacere di vivere, il gusto dello scherzo, dello sberleffo alle persone snob, l’ebbrezza dei giorni.
Salvo eccezioni, tutti i personaggi di contorno sembrano grigi figuri impalpabili, fondamentalmente tristi, giovani già vecchi. Capaci di espressioni infelici come: «Amo molto i menomati...».
Driss invece si presenta subito per ciò che è: si reca da Philippe solo per una firma per il sussidio di disoccupazione, già presagendo un rifiuto. E invece proprio il disinteresse di Driss al lavoro, la schiettezza nel parlare e l’umorismo attraggono il futuro amico, prima ancora che datore di lavoro.
Questa commedia agrodolce di Olivier Nakache ed Eric Toledano, ispirata a una storia vera, è stata campione d’incassi in Francia, e anche da noi è stato un insperato successo, dopo l’uscita il 24 febbraio. Evita i toni di una melensa «fiaba hollywoodiana» e inquadra una storia di fratellanza nella società francese (diseguale) contemporanea. I protagonisti, François Cluzet e Omar Sy, sono affiatati e straordinari.
Il titolo italiano inganna: il «quasi» è un’imprecisione colossale. Il titolo originale Intouchables, intoccabili, si riferisce invece al tabù del ridere di soggetti deboli come un tetraplegico e un immigrato di periferia. Il film certo non ride «di» loro, ma «con» loro, e delle assurdità del mondo che li circonda e che non comprende, forse non contempla nemmeno, né si preoccupa mai dell’«altro». Mentre gli «altri» - pare dirci il film di Nakache e Toledano - siamo tutti noi, nessuno escluso.


© FCSF – Popoli, 1 maggio 2012