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Maurizio Ambrosini
Università di Milano, direttore della rivista Mondi migranti
L’accoglienza ha un limite?
Gli sbarchi di migranti e profughi sulle coste italiane hanno rappresentato uno dei principali eventi dell’estate - fino alla immane tragedia di ieri, a poche centinaia di metri da Lampedusa -, e la visita di papa Francesco sull'Isola ha indubbiamente contribuito a guardare con occhi diversi quelli che tanto spesso erano bollati come «clandestini». Qualcuno tuttavia ha sollevato un dubbio: non bisogna porre limiti all’accoglienza?

La risposta dipende dalle ragioni degli sbarcati. Se si tratta di persone che richiedono asilo, non il Vangelo ma la nostra Costituzione e le convenzioni internazionali ci obbligano ad ascoltarli, a esaminare le loro motivazioni ed eventualmente ad accoglierli. In nessuno dei testi normativi in materia si prevede che l’obbligo di accoglienza umanitaria cessi una volta superata una certa soglia numerica. In altri termini, i nostri legislatori hanno sancito che i diritti umani hanno una priorità assoluta: vengono prima della preoccupazione di contingentare l’accoglienza. Nel caso di persone che arrivano da Paesi in guerra, spesso renitenti alla leva, come nel caso eritreo, o fuggiaschi da sanguinosi conflitti interni, come nel caso somalo, i tassi di accettazione sono molto alti. Minori e donne incinte non possono essere respinti. Nel 2011, il 40% delle domande d’asilo sono state accolte, ricevendo una qualche forma di protezione umanitaria: in numeri, circa 10mila persone. In ogni caso, non siamo vittime di un’invasione.

Nel caso dei migranti economici, non altrettanto tutelati dalle norme, i problemi sono altri. Prima di tutto, le richieste del mercato del lavoro, che hanno prodotto sette sanatorie in 25 anni: solo ora la crisi le ha rallentate, ma anche i nuovi ingressi si sono pressoché arrestati. Poi c’è una questione normativa: 1,3 milioni di immigrati in Italia sono cittadini dell’Unione Europea, con diritto di libera circolazione. Terzo e decisivo aspetto: i costi elevatissimi del trattenimento e della deportazione degli immigrati irregolari. Di fatto gli espulsi sono il 2-3%. Infine, se non si riesce a espellerli, ma non si vuole accoglierli, si rischia di produrre una popolazione sbandata ed esposta a ogni deriva. Meglio allora metterli in regola con adeguati percorsi di accompagnamento.

Per concludere: molte volte un’accoglienza saggia e lungimirante è più accorta di una severità gridata e apparente.




© FCSF – Popoli, 4 ottobre 2013