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Multitalia
Maurizio Ambrosini
Università di Milano, direttore della rivista Mondi migranti
L’integrazione a nostra insaputa
Una società diventa interculturale anche senza saperlo, e magari senza volerlo. Malgrado le resistenze politiche e sociali su aspetti simbolicamente cruciali come l’accesso alla cittadinanza, nella società italiana si sviluppa la mescolanza tra vecchi e nuovi residenti. Ne è un indicatore eloquente il fenomeno dei matrimoni misti, fotografato dall’annuale Dossier Immigrazione curato da Franco Pittau. Nel 2011 sono stati celebrati 18.005 matrimoni tra italiani/e e stranieri/e, pari all’8,8% del totale delle unioni. Erano il 3,5% nel 1996. Come nota Mara Tognetti, il dato è particolarmente significativo perché segna un ritorno alla crescita, dopo il rallentamento del 2009-2010: una conseguenza della norma del cosiddetto «pacchetto sicurezza» (legge 94 del 2009, poi abrogata) che vietava un diritto fondamentale come il matrimonio allo straniero che non poteva esibire un regolare documento di soggiorno.

Contrariamente a timori ancestrali e rappresentazioni correnti, sono soprattutto uomini italiani (82% del totale) a sposare donne straniere, provenienti da diversi Paesi (spiccano, nell’ordine, Romania, Ucraina e Brasile).
Alle unioni miste, ufficializzate nel matrimonio o meno, si collega poi il fenomeno della nascita dei figli con un genitore italiano e l’altro immigrato: 26.714 nel 2011, pari al 4,9% del totale dei nuovi nati. Se la famiglia è l’embrione della società, queste nuove famiglie sono il simbolo più vivido di una nuova Italia che cresce, dalle radici plurali, rimescolata nelle sue basi demografiche e culturali.

Naturalmente i problemi non mancano. Nello stesso anno preso in esame 7.144 coppie miste si sono separate e 4.213 hanno divorziato, dati anch’essi in crescita rispetto agli anni precedenti. Se in generale le differenze tra i coniugi influiscono negativamente sulla stabilità dei matrimoni, le unioni miste sono chiamate a una permanente negoziazione di molti aspetti educativi e quotidiani, oltre a dover affrontare il giudizio dell’ambiente circostante. Queste esperienze di frontiera, con le loro fragilità e contraddizioni, richiedono di essere accolte e accompagnate al di là dei pregiudizi.



© FCSF – Popoli, 1 febbraio 2014