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Maurizio Ambrosini
Università di Milano, direttore della rivista Mondi migranti
L'alibi Europa
Ci risiamo. Già nel 2011, all’inizio dei rivolgimenti del mondo arabo, l’allora capo del governo Silvio Berlusconi aveva parlato di uno «tsunami umano» in arrivo. Esponenti del suo governo avevano lanciato cifre iperboliche, citando le solite fonti di intelligence, circa il numero di migranti pronti a salpare verso le coste italiane.
Dopo di allora, l’operazione Mare Nostrum lanciata dal governo italiano a seguito delle tragedie nel Mediterraneo ha dimostrato che le persone in mare si possono salvare se si impiegano i mezzi necessari.

Ora però il copione si ripete. La primavera anticipata ha favorito una ripresa delle partenze e i numeri sono cresciuti sensibilmente, toccando quota 26mila dall’inizio dell’anno a fine aprile. Tanto è bastato perché si ripartisse con la girandola dei numeri: 700-800mila rifugiati in arrivo. Per di più, il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha lanciato l’allarme pandemie. Non si sa in base a quali dati epidemiologici: non è dato sapere, per dire, se e quanti casi di ebola si siano manifestati tra gli sbarcati.

Come al solito, si addossa all’Europa la responsabilità di una scarsa collaborazione. Vediamo i dati più recenti, forniti dall’Acnur: nel 2013 in Italia si sono registrate 27.800 domande di asilo, meno degli sbarcati (circa 43mila), perché molti anziché presentare domanda in Italia cercano di raggiungere altri Paesi. Difatti l’Italia, pur denunciando una crescita relativa delle istanze (+60%), è soltanto sesta in Europa come Paese di accoglienza, dietro Germania (109.600 domande), Francia (60.100), Svezia (54.300), Turchia (44.800, numero cresciuto molto per la contiguità con la Siria) e Regno Unito (29.200). Anche nell’Europa orientale si assiste a un notevole aumento dei richiedenti asilo: circa 18mila in Ungheria (contro i 2mila del 2012), 14mila in Polonia, 7mila in Bulgaria.

In definitiva, se vi fosse più solidarietà europea sul dossier rifugiati, difficilmente sarebbe l’Italia a beneficiarne.
Dovremmo piuttosto pensare a una legge organica sull’asilo, a un miglioramento della seconda accoglienza e dell’integrazione sul territorio, a un sistema di accoglienza compiutamente europeo, superando le storture del Regolamento di Dublino.




© FCSF – Popoli, giugno 2014