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Maurizio Ambrosini
Università di Milano, direttore della rivista Mondi migranti
L'immigrazione secondo Grillo
Di immigrazione si è parlato poco nell’ultima campagna elettorale. Per fortuna, verrebbe da dire: il tema si presta troppo alle strumentalizzazioni, agli esercizi retorici e a politiche essenzialmente simboliche. D’altronde, che cosa pensano degli immigrati i partiti tradizionali lo sappiamo bene. Sappiamo invece poco o nulla delle posizioni sull’argomento dei veri vincitori della contesa elettorale: il Movimento 5 stelle e Beppe Grillo. Ne sappiamo poco perché nel loro programma non c’è nulla in proposito, e perché il leader genovese ha evitato di trattare il tema durante la campagna elettorale. Salvo affermare, in un’intervista a Gian Antonio Stella pubblicata sul magazine Sette del Corriere della Sera nel giugno 2012, che per iscriversi al Movimento 5 stelle è richiesta la cittadinanza italiana.
Se però consultiamo il suo cliccatissimo blog, possiamo trovare alcuni interventi espliciti sul tema. Con un comune denominatore: sono inquietanti. Il 23 gennaio 2012, dopo il noto pronunciamento di Napolitano sul tema, Grillo ha scritto: «La cittadinanza a chi nasce in Italia, anche se i genitori non ne dispongono, è senza senso. O meglio, un senso lo ha. Distrarre gli italiani dai problemi reali per trasformarli in tifosi». Circa un anno prima, il 29 marzo 2011, all’epoca degli sbarchi dal Nord Africa, il comico ribadiva posizioni già sostenute in precedenza: «Il tabù immigrazione ha effetti indesiderati, ma anche desiderati. Quelli indesiderati sono sotto gli occhi di tutti, con migliaia di miserabili lasciati a sé stessi e alle mafie. Quelli desiderati sono una manodopera a basso costo, spesso in nero, destinata di frequente alla morte sul lavoro per il profitto dei padroncini e della Confindustria. Il trionfo della globalizzazione degli schiavi».
Lo aveva già scritto in un intervento sul caso Rosarno, nel gennaio 2010. Dopo aver inveito contro il «il solito coglione terzomondista» (sic), affermava: «Pagate gli italiani il giusto e ci sarebbe la fila di calabresi disoccupati per prendere il loro posto (…) L’Italia è un piccolo Paese, con poche risorse e un tasso di disoccupazione da far paura. Dobbiamo avere il coraggio di dirci che gli immigrati sono in prevalenza forza lavoro sfruttata, merce per imprenditori senza scrupoli e per politici e giornalisti con la erre moscia che cianciano di pozzi avvelenati».
Morale della storia: a volte il nuovo ha uno strano sentore di vecchio. Gli argomenti di Grillo richiamano la vulgata marxista dell’esercito industriale di riserva e l’opposizione all’immigrazione di partiti e sindacati di sinistra nel Nord Europa. Riciclano insomma un’antiquata xenofobia di sinistra, ripresa negli scorsi anni da vari movimenti populisti europei. Ma per sua fortuna non se ne accorge nessuno. O quasi.
© FCSF – Popoli, 1 aprile 2013