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Lettere da Strasburgo
Rosario Sapienza
Ordinario di Diritto internazionale e Diritto dell'Unione europea nell'Università di Catania
La Corte europea e i suoi arretrati

Ieri, 30 gennaio, in occasione dell’annuale conferenza stampa che si tiene prima della inaugurazione dell’anno giudiziario (che avrà luogo oggi) è stato presentato a Strasburgo il Rapporto annuale di attività della Corte europea dei diritti dell’uomo per il 2013. Ne emerge un quadro preciso dell’attività della Corte e dei risultati che essa ha raggiunto soprattutto nell’opera, oggi ritenuta a buon diritto prioritaria, di smaltimento dell’imponente arretrato. 

La buona notizia è che i ricorsi pendenti alla fine dell’anno scorso erano 99. 900! Pochi non sono, certo, ma alla Corte sottolineano con giustificato orgoglio che alla rilevazione di settembre 2011 erano 160.000. Ciò si deve soprattutto, come ha sottolineato il presidente Spielmann,  alle riforme  introdotte con il Protocollo addizionale n. 14.

Si tratta, in particolare, della competenza del giudice unico in materia di ammissibilità dei ricorsi, prevista oggi dall’articolo 27 della Convenzione. Per le questioni sufficientemente chiare, cioè quelle che non richiedono particolari approfondimenti,  è infatti previsto che un singolo giudice possa decidere sull’ammissibilità del ricorso. Ciò ha molto sveltito le procedure. Si pensi che nel 2013 i ricorsi respinti in questa fase sono stati 80.500, un numero certamente considerevole.

Nel 2013 la Corte ha comunque lavorato alacremente, prendendo complessivamente 916 decisioni.  Il rapporto stila anche una classifica di violazioni ad opera dei differenti Stati parti della Convenzione. Il maggior numero di violazioni per Stato sono state riscontrate nei confronti della Russia (119),  della Turchia (118), della Romania (83), dell’Ucraina (65), dell’Ungheria (40), dell’Italia (34), della Grecia (32). 

Quanto ai ricorsi attualmente ancora pendenti quattro Stati da soli coprono il 55,8%: la Russia (16,8%), l’Italia (14,4%), l’Ucraina (13,3%) e la Serbia (11,3%).

Credo però che il vero problema rimanga quello della collaborazione da parte delle autorità giudiziarie all’interno degli Stati parti della Convenzione.  Sistemi giudiziari nazionali efficienti e ben consapevoli dei livelli europei di tutela dei diritti sarebbero la panacea di tutti i mali che affliggono la Corte. Per questo, però, bisogna ancora attendere.

 


 

31/01/2014