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L'ultima Parola
Silvano Fausti
Gesuita, biblista e scrittore
La povertà, vera ricchezza
Mi affascina la scelta di povertà ed essenzialità di alcuni religiosi e religiose e il loro affidarsi alla Provvidenza. Però, avendo tre figli piccoli, mi rendo anche conto che i soldi sono necessari, specie nelle nostre società occidentali tutte centrate su economia e consumo. Ma allora come vivere la povertà evangelica? Non mi risponda che basta essere «poveri in spirito», mi sembra una comoda scorciatoia.
Angelo Bertasi

La povertà evangelica è sì materiale, ma innanzitutto spirituale. Se un povero vuol diventare ricco, è semplicemente un miserabile, scontento di essere povero. La povertà è un valore. Per questo Gesù dice: «Beati voi poveri». Le beatitudini valgono sia per i discepoli sia per ogni uomo che ha capito cos’è «la vera ricchezza» (Luca 16,11).
L’uomo è chiamato a diventare come Dio. Origine di ogni male è pensare un dio padrone di tutto e di tutti, con le mani su tutto e tutti. Questa è la proposta di satana ad Adamo, principio di violenze, ingiustizie e guerre. Dio invece è amore, che dà a tutto e si mette nelle mani di tutti. Amare infatti è dare all’amato ciò che si ha e ciò che si è.
Uno non è ciò che ha, ma ciò che dà. Chi ha nulla, dà se stesso ed è se stesso. Dio è Dio perché dà tutto; anzi, dà se stesso. Ma, dandoci se stesso, ci dà di essere come lui: noi non solo siamo chiamati figli di Dio, ma «lo siamo realmente» (1Gv 3,1):
L’economia del dono è la ricchezza di Dio in cielo e la bellezza del suo regno sulla terra: in lui è vita trinitaria e tra noi vita filiale e fraterna. L’economia del possesso invece divide le persone, suscitando invidie e lotte. Non la povertà, ma la brama di avere di più, sottraendo ad altri, produce la miseria, con fame per i poveri e insaziabilità per i ricchi. Perché l’uomo è fame di amore, non di cose.
Kevin Cahill ha dedicato la vita a scoprire «Chi possiede il mondo». In un saggio così intitolato scrive che 26 persone possiedono il 21% della terra, mentre l’1% delle persone ne ha il 46% e il 2% ne ha il 40%. E così via, con il risultato che l’85% delle persone non ha nulla. Cose che gridano vendetta al cospetto di ogni buon senso e rendono impossibile la vita sulla terra! Purtroppo ammiriamo i potenti e, invece di cercare una via di uscita, sposiamo come ideale la causa stessa del male. È la vecchia trappola, che fa sembrare buono, bello e desiderabile ciò che è cattivo, brutto e vergognoso.
Il trinomio libertà, eguaglianza e fraternità non è un’ideologia, stupida e violenta come ogni ideologia. È una verità con profonde radici: se Dio ci è padre, noi tutti siamo fratelli, capaci di amarci come siamo da lui amati. Senza costrizione e con libertà, come frutto dello Spirito nuovo, così vivevano le prime comunità (cfr Atti 2,42ss; 4,32ss). Non è un’utopia irrealizzabile. Anche oggi è più bello vivere con responsabilità e libertà di amare che nell’irresponsabilità e nella schiavitù dell’egoismo. La solidarietà è la vera ricchezza che garantisce la vita. Questo non vale solo per le comunità solidali, che si vanno moltiplicando. Anche uno Stato si regge se c’è solidarietà. Quanti sanno che pagare le tasse (vale anche per i ricchi e per i guadagni in Borsa) è dovere di tutti? È una forma di distribuzione dei beni. Qualunque governo deve operare per il bene di tutti, cominciando dai più deboli, con la collaborazione di ciascuno. Se i ricchi non evadessero le tasse, saremmo fuori dall’attuale miseria, civile più che economica.
Il primo articolo della Costituzione italiana dice saggiamente: «L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Un certo signore ne sta facendo un affare privato, oligarchico, meglio se monarchico, fondato sul furto e sulla sovranità di chi può comprare il parlamento, con il disprezzo di ogni regola e solidarietà. Che l’Italia si desti e, con un colpo di reni, si levi dalla melma incivile in cui si trova.

© FCSF – Popoli, 1 novembre 2011