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L'ultima Parola
Silvano Fausti
Gesuita, biblista e scrittore
Lo Spirito della comunità
«Furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare…» (Atti 2,1-13)

«Non è bene che l’uomo sia solo» (Gen 2,18). Necessariamente si aggrega ad altri. Infinite associazioni economiche e religiose, sociali e politiche, massoniche e mafiose, brigano perché i loro adepti conseguano ciò che da soli non possono ottenere. «Non così» è per chi segue Gesù. Suo unico interesse è l’amore dei fratelli, partendo dagli ultimi, perché tutti figli dello stesso Padre.
Nei mesi scorsi abbiamo riflettuto sul corpo della prima comunità e sulla sua struttura portante: la fraternità. Ora vediamo lo spirito che lo anima. Un corpo, infatti, vive di ciò che respira. Ma c’è spirito e spirito. C’è l’egoismo, che porta a «solidarietà contro» e si alimenta di morte altrui. C’è l’amore, che porta all’accoglienza di tutti e gioisce della vita altrui.
Dopo quaranta giorni in compagnia del Risorto e altri dieci di sua assenza, i discepoli sono pieni di Spirito Santo: hanno la vita stessa di Dio, che è l’amore tra Padre e Figlio. Lo spirito è soffio vitale. Non si vede, se non quando manca: invece di un vivo, c’è un morto! È fuoco d’amore che brucia il cuore e trabocca all’esterno. Ciò che arde dentro esce con impeto irrefrenabile: è parola di novità e libertà, offerta di comunione a chiunque ascolta.
Lo Spirito Santo è il dono supremo: è Dio che si dona per diventare nostra vita. Non solo siamo chiamati, ma siamo realmente figli di Dio (1Gv 3,1). Lo Spirito di Dio è molto «materiale»: abita e anima il nostro corpo, suo vero tempio (1Cor 6,19). Si rende visibile nel frutto che produce: «amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22). Ha l’inconfondibile sapore della vita bella e buona, l’unica desiderabile e possibile. L’amore a sua volta è magnanimo e benevolo, non è invidioso, vanitoso, tronfio e irrispettoso, non è interessato, iroso, rancoroso e compiaciuto del male; gode della verità, tutto crede, tutto spera e di tutto si fa carico. Senza amore tutto è nulla. Con l’amore tutto diventa prezioso: è l’unità che, posta davanti agli zeri di ogni realtà, dà valore a tutto. E l’amore mai finirà (1Cor 13,1ss), perché «Dio è amore» (1Gv 4,8).
Anche a Babele gli uomini hanno un’unica lingua, una cyberlingua comune! Ma sono aggregati nel delirio di potere: non si intendono e si dividono. Ognuno, infatti, pensa a sé e si separa dall’altro. A Pentecoste invece ognuno parla la sua lingua e l’altro intende nel proprio idioma materno. Lo Spirito infatti ha il linguaggio dell’amore, che ognuno capisce: è lo Spirito del Figlio, comunicato a ogni fratello.
È donato a tutti. I 120 discepoli rappresentano l’umanità intera, chiamata a diventare popolo di Dio, santo, regale e profetico. Infatti i discepoli sono 12 x10, 12 come le tribù d’Israele e 10 come il numero richiesto per fare comunità. Sono donne e uomini, che vivono insieme nel Cenacolo e perseverano con Maria nella preghiera.
Ormai la storia è una Pentecoste continua: ogni attimo (= atomo!) di tempo è un «vasetto» che noi liberamente riempiamo di amore invece che di egoismo. Il senso della nostra vita è «l’acquisizione dello Spirito Santo», perché tutto sia riscattato dal nulla e Dio sia tutto in tutti.
L’evangelizzazione, iniziata a Pentecoste, è sempre un tracimare dell’amore di Cristo che ci urge nel cuore - al pensiero che Lui ha dato la vita per tutti (cfr 2Cor 5,14). Questo amore, «fuoco che accende altri fuochi», abbatte barriere culturali, religiose e sociali: fa comunione con tutti, senza escludere nessuno e rispettando le diversità di ciascuno.

© FCSF – Popoli, 1 maggio 2012