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L'ultima Parola
Silvano Fausti
Gesuita, biblista e scrittore
Missione, salvezza per tutti
Dopo queste cose il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due davanti al suo volto in ogni città e luogo dove lui stava per venire (Luca 10,1)

È il titolo dell'ultimo discorso di Luca sulla missione. L'evangelista, compagno dell'apostolo Paolo, ne ha assimilato a fondo lo spirito. Infatti, riporta tre discorsi apostolici di Gesù: uno spiega il suo ministero (4,14-30), uno quello dei dodici (9,1-6) e un altro ancora quello dei settantadue (10,1ss). I tre discorsi si illuminano a vicenda: dalla missione del Figlio verso i fratelli scaturisce quella dei dodici e di tutti gli altri. Inoltre Luca fa seguire al Vangelo gli Atti degli apostoli: quanto Gesù «ha cominciato a fare e a dire» (At 1,1) è quanto, dopo di lui, continuano a fare e dire i suoi discepoli in ogni tempo e luogo. Quest'anno leggeremo, con la lente d'ingrandimento, Lc 10,1-24: è una miniera inesauribile. Evidenzieremo la ricchezza del testo commentando ogni espressione.

Questo titolo dice il significato della missione: essa porta la salvezza a tutti i popoli. La salvezza è il volto del Figlio che rivela all'uomo la sua identità nascosta. Colui che da sempre «sta per venire», viene attraverso la testimonianza del discepolo che ha il suo stesso volto.

«Dopo queste cose» - La missione viene dopo quanto detto nel testo precedente (Lc 9,57-62). In esso Gesù parla dei tre doni che rendono il suo discepolo simile a lui: la libertà dal possesso di cose, di persone e di se stessi, frutto di un amore che vince ogni egoismo e schiavitù. Per testimoniarlo, bisogna avere prima lo Spirito del Figlio.

«il Signore designò altri 72 discepoli» - Il Signore, come ha chiamato i dodici, «designa» poi attraverso la comunità gli altri suoi «testimoni della risurrezione» (At 1,24.22). Secondo gli antichi, 72 sono i popoli della terra: la missione è verso tutti. Chi esclude uno, esclude il Figlio, che si è fatto ultimo di tutti. Ogni discepolo è apostolo e ogni apostolo è discepolo. Discepolo è «chi impara» dal Figlio, che è tale perché «inviato» (= apostolo) verso i fratelli. Questi 72 sono «altri», ma non diversi dai primi dodici. Unica è la missione di tutti: quella del Figlio che conosce l'amore del Padre.

«li inviò» - Come il Padre invia il Figlio, così il Figlio invia chi è come lui. L'amore lo fa apostolo: lo «invia» fuori di sé, verso il fratello, per realizzare la sua identità di figlio.

«a due a due» - Gesù invia «a due a due» non solo per reciproco aiuto: bisogna essere almeno in due per testimoniare l'amore. «Due» è seme di comunità e vittoria sul male della solitudine. Nessun apostolo può essere solo. Solo la fraternità testimonia il Padre comune. La comunione tra i fratelli è realizzazione del vangelo e sua unica testimonianza credibile.

«davanti al suo volto» - I discepoli sono messaggeri inviati davanti al volto di colui che viene a giudicare il mondo. È il volto del Figlio uguale al Padre, il cui giudizio è tenerezza e misericordia per ogni perduto. La testimonianza dell'inviato porta, dove arriva, la salvezza del Signore (Rm 10,14-17).

«in ogni città e luogo» - La «città», fatta di case, comprende il pubblico e il privato; il «luogo», spazio vuoto, significa anche il tempio. L'universo intero appartiene al Signore, che tutto dona e tutto si dona a tutti. La sua venuta è ovunque; la sua accoglienza è riservata all'uomo, capace di rispondere all'amore con l'amore.

«dove lui stava per venire» - La sua venuta, da sempre imminente, è legata all'invio di chi ne prepara l'accoglienza. Colui che sempre «sta per venire», viene di fatto quando accogliamo il fratello che ne svela il volto. Sta alla porta e bussa: se uno apre, inizia il banchetto.
© FCSF – Popoli, 1 gennaio 2009