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La sete di Ismaele
Paolo Dall'Oglio
Gesuita del monastero di Deir Mar Musa (Siria)
Mistica e politica
L’immenso teatro del Centro culturale e sede della confraternita dei dervisci ruotanti, a Konia nel cuore della Turchia, è gremito. In prima fila il premier Erdogan e il ministro degli esteri Davutoglu. È il 17 dicembre 2012, l’ultimo giorno di commemorazione del grande mistico persiano-turco Jalal ed-Din er-Rumi coevo di San Francesco. Ad Assisi, peraltro, negli stessi giorni, c’è il premier italiano, per il concerto natalizio.
Il mio ospite, direttore di un centro culturale turco a Roma (l’Istituto Tevere, nel solco del movimento musulmano “ecumenico” di Fethullah Gulen), è leggermente imbarazzato dall’ambiente così poco mistico e tanto mondano degli astanti. Lo consolo: “È la rete da pesca di Rumi … Li prende come sono per cambiarli”. Lui trova la spiegazione propriamente petrina!
L’orchestra è pronta per il “samaa”. I dervisci entrano, gravi eppur leggeri, con cappe nere che lasceranno cadere al momento di lasciarsi andare, bianchi come cigni, alla danza cosmica che introduce all’estasi. Il soffitto è artificialmente stellato. (Vedo stelle dappertutto di questi tempi …. Dal finestrino del treno imperlato di gocce di pioggia che fuggono nell’alta velocità … al brillare sorprendente della rampa antisdrucciolo degli aeroporti … alla moltitudine degli occhi lucidi dei nostri profughi …) Oggi a mezzogiorno ero con un piccolo imprenditore di qui. Un uomo schietto nella sua pietà e semplice nel suo successo nel lavoro. Un derviscio quarantenne. Lo vedo riverire il capo-confraternita, iniziare a girare, sollevare le braccia e stendere le mani, la testa reclinata senza artificio, con quell’alto copricapo di feltro che rotea in contrappunto con l’ampia gonna a pieghe. Anche suo figlio è derviscio; vedendolo, nell’entusiasmo elegante infantile, aprirsi come un tulipano bianco, sono strappato a me stesso e l’anima mia scende in pista a roteare laggiù … Dare scandalo è proprio della follia d’amore, in pianto.
Il silenzio e la concentrazione degli “spettatori” sono perfetti, ora che la musica si è fatta gocce di note, in una notte di velluto.
Alla fine è tutto un soffiar di naso e asciugar occhi commossi. Come per portento si organizza il contatto … passo il muro della guardia del corpo e arrivo a salutare il Ministro. “Vede, sono venuto all’appuntamento, nella sua città!”. Riconosciutomi da quell’incontro ad Istanbul su primavera araba e relazione islamo-cristiana, mi presenta al Premier … Insisto che si faccia il possibile per salvare l’unità della Siria e che si possano evitare le vendette, ma occorre far presto. Prometto una lettera. Ci salutiamo come compagni d’una causa comune. Com’è che si dice adesso? “Salire in politica!”
Al mattino vado a visitare la tomba del grande Rumi, amato anche dai cristiani e dagli ebrei della città, un uomo che aveva viaggiato col padre dall’Afganistan all’Anatolia passando da Bagdad, Mecca, Gerusalemme e Damasco. Mi getto in un cuore impastato di misericordia e largo quanto questa agitata Asia musulmana. Le eleganti geometrie delle decorazioni lignee policrome consigliano una proiezione in alto dell’affettività ma senza negarla. Per i musulmani sufi i fenomeni mistici, comprese le lacrime, non s’hanno da nascondere … bisognerebbe invece nascondere tanta diffusa aridità!
Il mondo islamico ribolle e non si fermerà ora che, a caro prezzo, vince. A che serve trincerarsi col torturatore Bashar in nome magari della vita cristiana più spirituale? (Visita in internet le cecità devote del blog Ora Pro Siria). Non vedere i rischi d’estremismo settario, non misurare i pericoli d’aggressione anticristiana e di negazionismo antisemita sarebbe irresponsabile. Tuttavia, qui c’è una serie di fenomeni che richiedono una comprensione e un’accoglienza cordialmente visionaria. Chi non ama non capisce. Chi non apprezza altrui non può correggerlo, né potrà riformarsi col suo concorso.
(Scritto il giorno dell’Epifania del 2013)


© FCSF – Popoli, 1 febbraio 2013