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Il mercato siamo noi
Leonardo Becchetti
Ordinario di Economia Politica all’Università di Roma "Tor Vergata", presidente del Comitato etico di Banca Popolare Etica
Perché gli Usa crescono e noi siamo al palo

Mentre Stati Uniti e Giappone volano, noi siamo ancora al palo. Con l’approvazione della Volcker rule, che proibisce il trading proprietario alle banche, gli Stati Uniti hanno chiuso il cerchio delle tre regole d’oro per navigare nella globalizzazione: una banca centrale che mette le persone al primo posto e assume l’obiettivo primario di ridurre la disoccupazione utilizzando il dividendo monetario della globalizzazione, una politica fiscale attenta ma moderatamente espansiva e una riforma della finanza che impedisca che la liquidità prodotta dalla banca centrale finisca solo nei circuiti speculativi e non nell’economia reale. Se accompagniamo a questo un utilizzo accorto della politica di cambio arriviamo alla quadratura del cerchio.

E l’Ue? È ancora lontana dall’obiettivo. Draghi vorrebbe ma non può. Fa tutto quello che gli è consentito date le regole attuali ma ha ammonito che non darà altro denaro direttamente a banche che nell’ultimo anno hanno ridotto e non aumentato il credito. Mentre oltreoceano la politica è ispirata da premi nobel come Stiglitz e Krugman o da loro allievi, ovvero da persone che hanno una certa elasticità mentale nel capire come il mondo cambia, noi siamo nelle mani dell’ineffabile «devoto Oli», ovvero quell’Olhi Rehn che Quadrio Curzio in prima pagina sul Sole 24 Ore ha magistralmente definito come «ossessionato dai decimali di finanza pubblica e da mal digerite dottrine sul rigore».

Un consiglio a Renzi, la cui luna di miele è già guastata dal movimento dei forconi. La giovinezza non è una virtù a prescindere. Se vuole placare la rabbia popolare ed evitare la rotta di collisione dell’euro deve cambiare le politiche UE e farle diventare più simili a quelle Oltreoceano. Cercando tutti gli alleati possibili (Francia, Paesi del Sud, Spd) per rovesciare i rapporti di forza a Bruxelles. Ricordando che il dramma della nostra economia (e di quella Ue) è il crollo della domanda interna e un euro di spesa pubblica in meno richiede tempo e è innanzitutto un euro di domanda interna in meno.

Che poi quest’effetto inizialmente negativo venga neutralizzato e controbilanciato da un euro in più nelle tasche dei ceti deboli che aumenta la spesa privata o un euro in più nelle tasche delle aziende che aumentano gli investimenti è tutto da costruire e da dimostrare. E se il controbilanciamento non avviene, ciò che accade è una contrazione del PIL superiore alla riduzione di spesa, quindi un peggioramento della finanza pubblica, cosa puntualmente avvenuta in questi ultimi tempi.

Quindi smettiamola di pensare che la battaglia decisiva è quella degli scontrini. Facciamo tutto quello che dobbiamo fare per diventare più virtuosi come sistema Paese ma studiamo un po’ di macroeconomia e contribuiamo per quanto è possibile a cambiare quello che veramente conta.

[Articolo pubblicato anche sul blog "La felicità sostenibile", su Repubblica.it]

11 dicembre 2013