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La sete di Ismaele
Paolo Dall'Oglio
Gesuita del monastero di Deir Mar Musa (Siria)
Santiago Amamoros!
Entrando nella cattedrale, la Mezquita, di Cordoba, il portinaio m’ha chiesto di levarmi il cappello. Intontito per le tante ore di treno ho anche chiesto perché. «Per rispetto!». Ed io: «Ma noi, nelle moschee, per rispetto portiamo il capo coperto…». Più di mille le eleganti colonne del monumento omayyade. Bella anche la chiesa raccolta al centro, col coro aperto a godersi lo spazio infinito della foresta di marmo musulmano. Mistico il mihrab, la nicchia-abside nella direzione della Mecca, decorato con forme che richiamano il concavo a raggi della conchiglia.
Ho l’impressione che il sant’Ignazio della visione della Storta, che scorgo nel quadro appeso su un’arcata, mi rivolga uno sguardo complice: siamo qui, cristiani, musulmani ed ebrei dell’associazione Compostella-Cordoba, riuniti nell’anno santo compostellano, pochi giorni dopo il passaggio a Santiago del papa. «Dalla Riconquista alla Riconciliazione», questo il titolo dell’incontro preceduto da un pellegrinaggio a piedi da Santiago a Cordoba. André W., cofondatore dell’associazione, aveva già percorso a piedi la distanza tra Auschwitz e Gerusalemme. S’era fermato a riprendere fiato nel monastero siriano. Di qui il legame che m’ha attratto in Spagna!
L’associazione, composta da musulmani, cristiani ed ebrei (numerosa la partecipazione degli scout delle tre religioni), pellegrini di Compostella, la Mecca e Gerusalemme, è consacrata - cito dal Quaderno del pellegrino - a «promuovere la dignità d’ogni essere umano e la fedeltà al cammino di vita di ciascuno (…) Tutti i pellegrini del mondo camminano per incontrare se stessi (…) aprendosi all’altro ed accogliendolo, imparando a fidarsi dell’inatteso e dello sconosciuto. (…) Abbiamo bisogno di camminare, siamo fatti per camminare, per spogliarci, per reinstallare la coscienza nel corpo (…) Guardare più lontano, passare oltre, ed offrire un inizio di riparazione, di luce e di libertà a tutti i nostri fratelli, vittime e carnefici delle guerre di religione (…) Camminare per offrire silenzio e per offrire parola».
Benedetto XVI ha detto a Santiago, il 6 novembre 2010, in occasione dell’anno santo: «L’uomo è sempre in “cammino” (…) La Chiesa partecipa a quest’aspirazione, si mette in cammino accompagnando l’uomo e percorre il suo cammino interiore per farsi trasparente al Cristo per il mondo (…). Per questo io stesso mi son messo in cammino».
Anch’io son stato pellegrino d’un solo giorno, tra due comodi viaggi in vagone letto: una Compostella quasi deserta, intima e struggente, tra pioggia e sole ormai invernali. Si bacia l’omero dell’Apostolo come si fa in Oriente. Mi soffermo a meditare davanti alle reliquie del martire fratello di Giovanni, accanto ad un pellegrino giunto a piedi che scoppia in pianto. «Basta - mi pare d’ascoltare il Signore come se fossimo in Samaria -, non sarai più Santiago Matamoros, ma Santiago Amamoros, per amor mio!».
Guardo gli ultimi raggi che il sole regala affogando nell’oceano oltre l’estrema terra. Comprendo infine il simbolo di Santiago: la conchiglia. È il tramonto nell’orizzonte finale. Nelle apocalissi semitiche il sole del giorno del giudizio sorgerà ad ovest. Ecco il significato escatologico, il senso della speranza dei pellegrini: inseguire ed esser raggiunti dall’ultimo Sole, la giustizia misericordiosa.
Giunto a Cordoba, ho detto che il pellegrinaggio esprime in modo liturgico la direzione e la tensione esistenziale d’una comunità. Percorso iniziatico a tappe, trova il suo significato nella meta sacra che incarna il movente del cammino.
Anche in Oriente ci interroghiamo sull’importanza dell’iniziazione dei giovani d’oggi, lungo un percorso che esprima il desiderio collettivo d’armonia interculturale, di fraternità interreligiosa e di comunità inter-tradizionale. Le difficoltà sono occasioni di auto-superamento. Lo straniero, il nemico, diviene anch’egli, percorrendo un cammino segnato da ostacoli che solo la speranza sa superare, un compagno di strada verso l’indescrivibile sera sull’ultimo orizzonte.
© FCSF – Popoli, 3 gennaio 2011