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Scusate il disagio
Giacomo Poretti
del trio Aldo, Giovanni e Giacomo
Se il programma elettorale
è un cantiere a cielo aperto
Alla sera eravamo andati a dormire e non c’erano, ma al mattino se ne stavano lì minacciose: almeno una quarantina di gru, più alte della Madonnina, erano sorte all’improvviso, disseminate per la città. Noi milanesi abbiamo pensato che si trattasse di qualche nuova iniziativa bizzarra dell’Assessore all’arredo urbano: l’installazione di un artista fuori di testa o l’ennesima, inutile sciocchezza legata al Salone del mobile.

Tutti in città si interrogavano sul mistero di queste gru alte la metà dell’Empire State Building. Se ne parlava a scuola e negli asili, sui tram e in taxi, al ristorante e nelle riunioni di condominio. Persino allo stadio, invece di guardare la partita, si parlava delle gru. Questa immensa discussione aveva coinvolto tutti, grandi e piccini. Per dire, i nonni erano costretti a raccontare ai nipotini la storia delle gru di Milano, perché di Batman e della Bella addormentata i nipotini non ne volevano più sapere.
Poi le gru hanno iniziato a lavorare e insieme a loro anche le scavatrici, tante scavatrici, e i camion, tantissimi camion, con cassoni enormi pieni di terra da portare via.

Dopo un paio di mesi, grattacieli più alti delle gru si erano insediati a Milano senza che nessuno glielo avesse chiesto. Figuratevi se a noi milanesi mancano le case; se ci sono due cose che qui non mancano sono le case e gli stilisti. A noi piuttosto mancano gli alberi, l’aria pulita, le panchine per sedersi a chiacchierare, le piste ciclabili. È per quello che ogni weekend andiamo in cerca di posti con più verde. E meno stilisti.

Intanto la città continuava a interrogarsi sul mistero delle gru e dei grattacieli. Si racconta che un giorno in una classe di seconda elementare una maestra abbia formulato questa domanda a uno scolaro: «Se una città di un milione e 600mila abitanti negli ultimi anni si riduce a un milione e 200mila, per quale motivo si costruiscono palazzoni altissimi per un totale di alloggi che dovrebbero riportare in città 400mila persone?». Pare che l’allievo abbia risposto: «Perché Milano non può scendere sotto un milione e 600mila abitanti altrimenti l’Inter e il Milan non fanno la Champions League».

Gli anziani che stazionavano davanti ai cantieri dicevano che qualche poco di buono doveva far fruttare i propri soldi con il cemento e le gru. Ma si sa, delle cose che dicono i vecchi inaciditi o si ride o li si porta all’ospizio, possibilmente fuori città.
Poi un giorno abbiamo capito e ci siamo sentiti fieri di essere milanesi. Dietro quell’apparentemente inutile colata di cemento si celava un gesto d’amore, un atto caritatevole che neanche san Francesco e santa Rita messi insieme avrebbero potuto concepire: libici, tunisini, siriani, giapponesi contaminati, giapponesi non contaminati, tutti voi che scappate e volete venire nel nostro Paese, ecco le case per voi! Altro che campi profughi! I francesi non vi vogliono? I tedeschi nemmeno? Il nostro sindaco ha preparato per voi alloggi disegnati dalle archistar più famose del mondo! L’è propi vera: Milàn cunt el cör in màn!
Non poteva essere vero quel che si mormorava: la speculazione edilizia, la mancanza di senso ecologico... Macché, pura misericordia e un concetto di integrazione e attenzione al bisognoso che la comunità europea si sogna. Grazie a Lei, Signora Sindachessa, Milano torna a essere capitale morale. Se proprio volessimo farle un appunto, diremmo che tutto è accaduto un po’ troppo vicino alle elezioni. Ma questi forse sono pensieri da vecchi inaciditi.
© FCSF – Popoli, 1 maggio 2011