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La sete di Ismaele
Paolo Dall'Oglio
Gesuita del monastero di Deir Mar Musa (Siria)
Speranza 2009
Tanti anni fa visitai il papà del dottor Michel. Cristiano arabo, già sul letto di morte, si alzò per offrirmi un caffè. Era il mukhtar, una specie di sindaco di quartiere. Parlammo delle rovine di Mar Musa. «Se sei venuto a predicare lascia perdere, ma se vuoi dare la vita, ecco le chiavi del monastero!». Aveva partecipato alla colletta per la nuova moschea. Quando morì, pregarono per lui dai minareti. Il figlio è il tipico medico amato da tutti. La nipote è andata sposa d’un ragazzo di qui emigrato in America. Alle nozze mi son trovato con il mufti, mio amico. Il giorno dopo partivo per la «Settimana araba» al parlamento europeo di Bruxelles (3-6 novembre 2008). Mi ha proposto di lanciare un messaggio: «L’Europa ci ha deluso; hanno fatto brillare ai nostri occhi il miraggio della democrazia e dell’equità. Giocano su tutti i tavoli e s’accordano con chi ci opprime. Sono queste delusioni che alimentano le paludi terroriste, un disastro anzitutto per noi! Dillo, ricordaglielo, che hanno dei doveri di civiltà radicati nella fede religiosa e nelle migliori tradizioni politiche».
Intervenendo a Bruxelles, ho detto che la contraddittorietà d’una società non giustifica la condanna in blocco né la complicità con i poteri economico-politici a spese dei cittadini. Naturalmente ho riportato le preoccupazioni del mufti. Ho difeso la società siriana che, benché contraddittoria, resta un esempio di convivialità e un modello d’armonia interreligiosa, ma a rischio di delusione e di scelte estreme se lasciata sola! Se la situazione regionale non trova uno sbocco, il modello siriano diventa un’eccezione e rischia di naufragare.
Poi mi son chiesto, da europeo: quale alternativa ha il mufti alla democrazia di cui è deluso? Vuol solo giustificare la situazione dei Paesi musulmani? Ho risposto in suo nome che la nostra società è capace di funzionare sulla base d’un consenso di valori. Penso alla generosità dei professori sottopagati; alla correttezza relazionale, più ancora che all’onestà cristallina, d’impiegati e funzionari, preti e soldati. Un equilibrio delicato certo, e a rischio, ma costruito su una radice profonda; sull’iniziazione in famiglia, alla moschea, in chiesa, a una serie di comportamenti morali irrinunciabili, non del tutto commercializzabili. Quando il torrente della delusione è troppo impetuoso, lo sbocco è violento, proprio a causa della sacralità dei valori. La non violenza non è ancora, di fatto, un valore condiviso. Ma dove lo sarebbe? In conclusione ho invitato tutti all’esercizio della speranza politica e a costruire l’Unione per il Mediterraneo su un’armonizzazione tra sistema democratico e valori in prospettiva condivisi.
La sera, una festa! Amru Musa, segretario generale della Lega Araba, era di buon umore. Il vertice di Marsiglia aveva consacrato l’ingresso della Lega nel processo di creazione dell’Unione per il Mediterraneo. Non da una parte tutta l’Europa e dall’altra qualche Paese arabo più o meno rivierasco, più Turchia e Israele, bensì tutta l’Europa e tutti i Paesi arabi consacrano il Mediterraneo come uno spazio d’amicizia, di collaborazione e di scambi.
L’eccitazione generale era anche dovuta all’elezione appena annunciata di Obama. La pagina del bushismo pare definitivamente chiusa e, auguriamocelo, senza un ritorno al cinismo nichilista «democratico». Il presidente del parlamento europeo, Hans-Gert Pöttering, ha brindato al nuovo clima con il suo simpatico accento tedesco. Salutandolo gli ho detto ingenuamente che per Turchia e Israele la soluzione c’è: la Turchia entra in Europa e Israele… in tutt’e due: in Europa perché una buona parte dei suoi cittadini son d’origine europea askenazita, nella Lega Araba perché un’altra buona parte son d’origine araba, sefardita, e si divertono a seguire alla televisione siriana le puntate dei film più popolari. M’ha guardato da sopra gli occhiali divertito: «È un visionario lei!», «La serata è adatta, no!?» Ai lettori di Popoli tanti auguri per il 2009: un anno d’impegno entusiasta per la pace. Dio caparbiamente rinfreschi la speranza e offra opportunità sempre nuove!

© FCSF – Popoli, gennaio 2009