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Maurizio Ambrosini
Università di Milano, direttore della rivista Mondi migranti
Troppi stranieri in classe?
A settembre sono cominciate le scuole, e, come avviene ogni anno, è esplosa una polemica sulle classi scolastiche popolate di ragazzi di origine immigrata. Di certo, il fenomeno cresce e mostra la trasformazione irreversibile delle basi demografiche della società italiana. Secondo il Dossier immigrazione di Caritas-Migrantes, pubblicato pochi giorni fa, nell’ultimo anno scolastico (2010-2011) sono stati accolti dalla scuola italiana quasi 710mila ragazzi di nazionalità straniera. Di essi, quasi 300mila sono nati in Italia e non dovrebbero quindi in linea di massima incontrare particolari problemi linguistici o di inserimento. In vari altri Paesi, Usa in testa, sarebbero cittadini a pieno titolo per diritto di suolo.
Da dove nasce allora il problema delle classi «con troppi bambini stranieri»? Prima ragione: la formazione di quartieri ad alta densità di famiglie immigrate. Ci sono, ma in realtà non molti in Italia, e in nessun caso (se non in qualche micro-area ristretta) gli immigrati formano la maggioranza della popolazione. Lì la scuola è solo uno dei tanti problemi. Questi quartieri richiedono prima di tutto politiche urbane rinnovate per l’edilizia sociale, scongiurando la formazione di ghetti.
La seconda causa è un effetto collaterale dell’autonomia scolastica. Alcuni dirigenti scolastici hanno lavorato per l’accoglienza e l’educazione interculturale. Altri tendono a preservare l’italianità della popolazione degli allievi, per esempio consigliando alle famiglie immigrate di iscrivere i figli nelle scuole più attrezzate per accoglierli. Oppure favoriscono la formazione di plessi scolastici o classi con gradi diversi di multietnicità.
La terza causa sono le scelte delle famiglie. In assenza di regole stringenti di ancoraggio territoriale, tendono, non solo in Italia, a preferire scuole meno frequentate da alunni immigrati.
Tentare di risolvere questi problemi fissando un «tetto» alla concentrazione di alunni stranieri significa dare una risposta primitiva a una questione complessa. Addossando tra l’altro costi e disagi a carico delle famiglie immigrate, che si trovano obbligate a iscrivere i figli a scuole di altri quartieri. Nei Paesi con più esperienza, le soluzioni più praticate sono di due tipi. La prima sono corsi intensivi della lingua nazionale, alternati ad attività socializzanti nelle classi normali, con un andamento discendente nel tempo: molte ore nelle prime settimane, poi sempre meno, mentre aumentano le ore nelle classi normali. La seconda soluzione è una maggiore dotazione di risorse, umane e materiali, per le scuole che operano nei quartieri difficili.
In Italia si è andati nella direzione opposta. In provincia di Milano una dozzina d’anni fa c’era un insegnante dedicato ogni 50 alunni di origine immigrata. Oggi non si arriva a uno ogni 500.
© FCSF – Popoli, 1 novembre 2011