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La sete di Ismaele
Paolo Dall'Oglio
Gesuita del monastero di Deir Mar Musa (Siria)
Un digiuno per la pace e contro l’egoismo


Dal 23 al 30 settembre si è tenuta la settimana di digiuno e preghiera organizzata dalla comunità di Deir Mar Musa a favore della riconciliazione in Siria. In una lettera inviata da Paolo Dall’Oglio, gesuita e fondatore della comunità, le difficoltà e le speranze di chi ha partecipato all’iniziativa.


Monaci e monache del monastero, amici e numerosi visitatori, tessere del magnifico mosaico umano della Siria, ci siamo impegnati nel digiuno e la preghiera, e ci siamo riuniti in chiesa quotidianamente per la lettura del santo Evangelo e la salmodia del nobile Corano, nonché per la meditazione su testi scelti a proposito dell’impegno non violento per la riforma attraverso il perdono e il dialogo fraterno, quello capace di ascolto e dell’accettazione incondizionata della differenza. Un gran numero di amici di tanti Paesi, a titolo personale o comunitario, si sono impegnati con noi spiritualmente a partecipare in questa settimana; e abbiamo sperimentato la profondità della comunione e dell’unità di fronte a Dio.

La paura, il pessimismo e la divisione sono ormai penetrati fino al cuore della stessa casa, dello stesso monastero. Tuttavia abbiamo fatto esperienza in questi giorni benedetti che, quando rinunciamo al monopolio dell’opinione e del patriottismo, riusciamo a stabilire la comunicazione tra noi: arabi e stranieri, uomini e donne, religiosi o umanisti, favorevoli all’attuale sistema di governo o oppositori. Mentre siamo impegnati in questo sforzo, ci incoraggia sperimentare quanto i giovani siriani siano geniali nella comunicazione e nella comprensione tra loro. Siamo assetati di poter perseguire criticamente la verità e desideriamo poterci liberare dalle menzogne. Ciò che ci spinge a proseguire il cammino è il nostro amore per la Siria e la nostra fiducia nel Popolo siriano. Non gioiremo e non avremo successo nella nostra comune vita sociale, tanto a casa come nella Patria, se continueremo a emarginare l’altro, agendo con inimicizia nei confronti della sua persona: la sua dignità, le cose di sua proprietà, la sua libertà, la sua integrità personale e il suo essere cittadino.

Rifiutiamo la logica della guerra civile su base confessionale e il conflitto armato in tutte le sue forme. Così pure siamo convinti che riporre la propria speranza nell’intervento armato straniero sia un grave errore, e questo benché crediamo nella positività del dialogo costruttivo tra i cittadini del mondo, uomini di buona volontà. Quanto al «dialogo e la riforma» [parole d’ordine dell’attuale presidenza… ntr] , risulta impossibile tale dialogo senza che sia in modo sincero aperto l’accesso alla libertà d’opinione e d’espressione, nel quadro d’un pluralismo che sia al servizio dell’oggettività. La realtà attuale richiede solidarietà morale da parte della Famiglia mondiale, senza idealismi che rischiano di ignorare il pericolo di complotti. Invero, anche la riforma non riuscirà senza il rispetto equo dell’integrità delle persone dei cittadini, e ciò con l’aiuto di organizzazioni civili e indipendenti di supervisione.

Sembra che il linguaggio dei proiettili abbia imposto il suo dominio sulle piazze del Paese, assieme ai lamenti dei feriti, delle persone in carcere, delle persone rapite, degli affamati. Cosa ci resta? Resta il nostro voto di non cadere nell’estremismo, di non cedere all’istinto di rinchiuderci nell’ambito dei nostri interessi privati, e resta il continuare a cercare Iddio e il fratello in mezzo a queste condizioni, fino a che passi questa crisi con successo, con l’aiuto del Misericordioso, Amen!
La Comunità Monastica

3 ottobre 2011