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I gesuiti e la crisi in Siria
7 giugno 2011

Noi, i gesuiti della Siria, siamo stati sconvolti dagli avvenimenti recenti in questo Paese a noi così caro. Ci siamo incontrati per pregare assieme, per intercedere in favore del Paese e per meditare su quanto vi avviene. Questo testo è il frutto della nostra preghiera e desideriamo condividerlo con voi

La Siria, un paese attore di civiltà

La Siria, nostra patria, è paese di molte civiltà che si sono succedute sul nostro territorio e hanno arricchito il nostro patrimonio culturale. Una gran parte di questa eredità proviene dall’interazione e dall’armonia realizzatesi tra le diverse componenti culturali, religiose, ideali che hanno composto un’unità della quale andiamo orgogliosi e alla quale teniamo. Questo ci carica d’una grave responsabilità, nel senso della valorizzazione di tale grandiosa eredità.

La storia del nostro paese si è distinta per l’accoglienza e l’apertura verso altrui, chiunque fosse. Lo spirito di questa ospitalità sincera, l’unità nella diversità e tutti gli sforzi destinati a costruire l’unità della patria, costituiscono senza dubbio le basi della società siriana e ne fanno un mosaico vivente e bello.

Gli ultimi avvenimenti

Da alcuni mesi osserviamo l’apparire nella nostra società, come d’altronde nella maggioranza delle società del mondo arabo, di rivendicazioni sociali e politiche verte a condurre il nostro paese verso un maggior livello di civiltà. Tali rivendicazioni intendono giungere alla realizzazione di numerose riforme e alla concessione d’una libertà più larga, che consenta a ogni individuo d’essere membro attivo nell’evoluzione di questa società. Si tratta d’un diritto legittimo e che va riconosciuto a tutti. Tuttavia, purtroppo, e a quanto pare, le cose si sono confuse le une con le altre, aprendo la porta alla violenza.  Il rifiuto dell’altro, lo sappiamo tutti, è la sorgente prima della violenza, che non conduce se non ad altra violenza. Il nostro sentimento è che oggi vi sia chi tenti d’innescare l’eversione e la guerra tra comunità religiose. Ciò costituisce una minaccia di disintegrazione e distruzione della nostra società. Di fronte a questi avvenimenti sanguinosi, la cui intensità e gravità aumentano settimana dopo settimana provocando lo spargimento di sangue innocente, non responsabile del conflitto in corso, ci troviamo obbligati a lanciare un allarme che interpelli le coscienze di tutti i nostri concittadini di qualunque tendenza siano.

Queste situazioni difficili non rappresentano la prima crisi che il nostro popolo abbia dovuto affrontare. Tuttavia, in ogni crisi, sempre abbiamo trovato nella fede evangelica la via che conduce alla scelta opportuna e alla pazienza perseverante, al coraggio del silenzio e a quello della parola. Il Vangelo ci chiama dunque ad essere testimoni del suo messaggio nel cuore del mondo e a sforzarci d’incoraggiare il dialogo con tutti e lo sviluppo della giustizia per ciascuno. Per questo ci consideriamo chiamati a esprimere la nostra solidarietà incondizionata con questa patria e col suo popolo.

Ci riteniamo altresì chiamati a offrire la nostra testimonianza ai valori che traiamo dalla fede, ed è nostra convinzione di poterli condividere con tutti i nostri concittadini, nelle loro differenti appartenenze religiose o di opinione, e ciò sulla base della comune appartenenza al prezioso patrimonio di civiltà arabo e alla partecipazione comune allo sforzo di costruire l’unità nazionale e promuovere la dignità umana. I cambiamenti in corso nel mondo arabo, nel cui quadro si inseriscono gli sconvolgimenti attuali nella società siriana, sono gravidi di nuova speranza che va presa nella dovuta considerazione. Tale speranza è caratterizzata innanzitutto dal desiderio di libera espressione delle proprie opinioni e di comune difesa del diritto. Le riforme sociali e politiche costituiscono ormai un’urgente necessità che nessuno può ignorare.

La priorità dell’unità nazionale

I consessi umani si caratterizzano per il loro pluralismo interno, giacché la vita non fiorisce che nella differenza. Non è possibile realizzare un’autentica pacificazione nazionale finché dura il rifiuto d’un settore della popolazione da parte di un’altro; ed al contrario questa si realizza nella convivenza. Tale convivenza non può essere solo quella d’un riduttivo accettare l’esistenza dell’altro unicamente “vivendo gli uni accanto agli altri”, ma attraverso un’autentica partecipazione nazionale, laddove a ogni individuo è riconosciuto un ruolo efficace nella società.

Per questo, partecipiamo dei timori del nostro popolo di fronte alle sfide attuali, ed essi si manifestano in modo intenso di fronte ad ogni cambiamento strutturale. Quale sarà il ruolo positivo che potremo esercitare nell’ambito della così complessa situazione attuale?

Ci è possibile affermare che per noi, in quanto cristiani, l’unità nazionale è da considerarsi, in questa società, come una condizione di vita: perderla sarebbe per noi morte nell’irrigidimento e nella frantumazione. Di qui il nostro desiderio di giocare un ruolo che ci metta in grado di rafforzare tale unità nazionale attivando i valori che consideriamo essenziali.

Il dialogo e la libertà di espressione

Non ci è possibile ricordare tutti i motivi della crisi, tuttavia ci chiediamo quale sia la modalità che ci permetta di superare questa dolorosa situazione al fine di giungere a un tentativo di dialogo serio tra tutte le parti in causa. Non si tratta di un dialogo facile giacché necessita innanzitutto della fiducia nell’altro e dell’attenzione alla sua posizione. Ciò comporta inoltre da parte nostra il prendere in seria considerazione le sue idee anche quando fossero diverse dalle nostre. L’autentico dialogo parte dal presupposto che “nessuno possiede l’intera verità”. Questo significa che l’obiettivo essenziale del dialogo è di cercare assieme ciò che è più vero. Tale ricerca comune suppone che  siano convocate tutte le parti senza emarginarne alcuna.

Questo dialogo richiede una coscienza attenta a non lasciarsi trascinare dalle diverse tendenze delle opposte fonti d’informazione. Il Vangelo c’invita infatti a liberarci dei preconcetti negativi e a perseguire, attraverso il dialogo serio, l’umiltà intellettuale e l’attenzione, la conoscenza della realtà oggettiva, affinché possiamo costituire un ponte tra le diverse tendenze in conflitto nella società. Dobbiamo dunque divenire delle componenti efficaci nella creazione dell’opinione pubblica moderata la quale è condizione basilare per il successo della riforma.

Il rifiuto della violenza

Con sincerità, invitiamo tutte le parti a rifiutare la violenza. Il nostro abbracciare la non violenza non nasce da sentimenti di paura e debolezza. Si tratta invece d’un principio evangelico basilare e costituisce una metodologia di esistenza umana e di fede. La Chiesa ci insegna che è necessario distinguere tra la violenza che nasce dall’odio, d’un lato, e l’impiego legale della forza per impedire l’aggressione contro la società, dall’altro; a condizione che colui che esercita legalmente la forza non ricorra ad alcuna pratica che attenti alla dignità umana, a prescindere dalle posizioni sostenute.

Rifiutiamo d’entrare nel circolo vizioso che genera continua paura  dell’altro strozzando ogni sincera intenzione e ogni desiderio di costruire la patria comune.

Ogni credente dovrà purificare il proprio cuore dall’odio, il disprezzo e la paura. Questi sono infatti i sentimenti attraverso i quali viene giustificato l’uso della violenza. Di conseguenza è dovere del credente proporsi, in ogni dimensione della vita sociale, tanto a casa come per strada o a lavoro, come elemento efficace per la realizzazione dell’unità nazionale. Ciò non gli consente quindi di rifugiarsi in una negativa neutralità bensì è suo dovere farsi strumento di pace.

In questo contesto speriamo che i sentimenti di sincero patriottismo, che hanno mosso molti nei giorni scorsi, non finiscano col giustificare lo scivolamento di alcuni verso l’impiego d’un linguaggio del rifiuto e dell’emarginazione dell’altro, abolendo così ogni possibilità di comunicare con lui.

Vogliamo qui esprimere alle famiglie delle vittime e dei prigionieri, a qualunque parte appartengano, la nostra profonda tristezza e vogliamo impegnarci secondo le nostre possibilità a soccorrerle e a lenire il loro dolore senza discriminare alcuno.

In conclusione, e a partire dal nostro sentimento di perplessità di fronte alla situazione, nel nome del sangue innocente versato sulla cara terra della nostra patria, ci rivolgiamo a tutti i siriani d’ogni schieramento perché s’affrettino a impegnarsi immediatamente in un processo di dialogo nazionale autentico e serio per trovare la via d’uscita dalla crisi in corso.

Imploriamo l’Altissimo affinché possiamo impegnarci innanzitutto per la difesa dell’interesse del cittadino siriano e della sua dignità; e per questo rinunciamo ad ogni ottuso esclusivismo, tenendo davanti agli occhi la salvaguardia dell’integrità della nazione e la sua salvezza. 

Damasco, 3 Giugno 2011

© FCSF – Popoli
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