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L’emergenza umanitaria continua in Centrafrica
3/3/2014
«La situazione umanitaria è gravissima. La guerra civile ha mandato in default un Paese poverissimo che viveva, già prima del conflitto, in condizioni precarie». Claudia Lodesani è un medico italiano che lavora per Medici senza frontiere (Msf). Da qualche giorno è rientrata in Italia dopo una missione di quasi cinque mesi a Bangui in Centrafrica. Nelle sue parole si legge il dramma che sta vivendo una popolazione allo stremo, piagata da povertà e violenza. Il golpe del 24 marzo 2013 e il controgolpe del dicembre, secondo gli ultimi dati forniti dall’Acnur (l’agenzia Onu che si occupa dei rifugiati) hanno provocato un milione tra sfollati interni e rifugiati. Nella sola capitale Bangui i profughi sono 300mila, di cui circa 100mila accampati accanto all’aeroporto.

«La situazione del campo profughi dell’aeroporto di Bangui - spiega Claudia Lodesani - è quella più nota a tutti. Anche perché chiunque arrivi nella capitale con l’aereo non può non vedere in quali condizioni vivono le persone in quella struttura: c’è pochissimo cibo, l’acqua scarseggia, le condizioni igienico-sanitarie sono precarie. Recentemente si è scatenata una epidemia di morbillo che ha colpito i bambini. In queste condizioni, una malattia, che alle nostre latitudini è facilmente curabile, può diventare letale. L’Hiv-Aids è presente e dobbiamo tenerne conto sempre». All’interno del campo operano solo alcune Ong, tra le quali appunto Msf che ha in loco una sala parto, due piccoli centri salute e qualche letto per l’ospedalizzazione dei casi più gravi. Anche la Croce rossa è attiva, sta realizzando latrine e sta cercando di portare l’acqua potabile nell’area.

«I quartieri residenziali sono deserti - continua -, la persone si sono rifugiate tutte nei campi profughi. Oltre a quello dell’aeroporto, ne esistono altri relativamente più piccoli che contano ciascuno tra le 10 e le 15mila persone. Anche lì la situazione igienico-sanitaria è precaria. D’altra parte già prima della crisi il sistema sanitario centrafricano era al collasso. Il conflitto in corso non ha fatto altro che peggiorare le cose. Negli ospedali non ci sono più medici né infermieri. Le corsie sono vuote. Msf ha chiesto che l’Onu, insieme alle sue agenzie, intervenga in modo più sistematico in questa crisi. Le Nazioni Unite devono e possono fare molto di più per fronteggiare una situazione drammatica».

Oltre all’emergenza igienico-sanitaria continuano gli scontri tra le milizie Seleka, quelle che avevano organizzato il golpe del marzo 2013, e quelle anti-Balaka che si sono formate in reazione per difendere la popolazione dalle scorrerie e dalle razzie dei vincitori. «Ormai - conclude Claudia Lodesani - sono anni che lavoro in emergenze come quella centrafricana. Mai però avevo visto un tasso di violenza così elevato. Nel nostro centro chirurgico nella capitale riceviamo costantemente persone con ferite provocate da armi leggere e da machete. L’intervento delle forze armate francesi ha evitato che gli scontri si trasformassero in un massacro. I militari non risolveranno però la crisi. Serve un intervento forte di tutta la comunità internazionale che riporti la stabilità e la pace nel Paese».
Enrico Casale

© FCSF – Popoli
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