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"La Somalia ha un futuro, non morirà"
5/3/2014

«Ho fiducia nel futuro e spero proprio di poter rivedere la Somalia bella come quando ero una ragazza». Hawa Abdi ha visto il suo Paese travolto dalla guerra civile, ha assistito al suo lento avvitarsi in un declino fatto di violenza, fanatismo religioso, povertà estrema. Come medico ha fatto di tutto, insieme alle figlie, per riuscire ad arrestare questa discesa verso l’anarchia. Quando nel 1991 scoppia la guerra civile inizia a ospitare gli amici che chiedono protezione di fronte ai continui combattimenti tra le milizie dei clan. Intorno al suo piccolo ospedale si crea un campo profughi sempre più grande che oggi ospita 90mila persone. Lei, per anni, continua a portare soccorso a tutti e a resistere alle intimidazioni.

Oggi Mama Hawa, come tutti la chiamano, inizia a vedere una luce in fondo al tunnel della guerra. Il nuovo governo di Mogadiscio, sostenuto dalla comunità internazionale, sta lentamente riportando l’ordine nel Paese. La popolazione, stremata da anni di guerra, si sta riorganizzando.

Hawa Abdi ha raccontato il suo ottimismo nel libro Tener viva la speranza (Vallardi, 2014, pp. 303, euro 14,90). In occasione della festa internazionale della donna, Popoli l'ha inserita in una lista di dieci donne che lavorano nel Sud del mondo per costruire una società più giusta, lista che esce nel numero di marzo. In questa intervista parla delle sue speranze per una Somalia stabile e in pace.

Qual è la situazione umanitaria nella Somalia meridionale?
Grazie al nuovo governo la situazione sta migliorando sebbene la ricostruzione in atto nella capitale Mogadiscio e in alcune aree rurali non offra ancora i servizi essenziali alla maggioranza delle persone. In molti non hanno ancora cibo, acqua pulita, assistenza sanitaria, educazione. Dopo 23 anni di guerra, la popolazione non ha più nulla: è stata costretta ad abbandonare la propria casa, ha perso la terra e i mezzi per sopravvivere. Dobbiamo dare alla gente gli strumenti per riscattarsi. Le istituzioni devono garantire la legge e l’ordine perché i somali hanno vissuto più di vent’anni senza alcuna regola. L’istruzione è una chiave per aiutare le persone a tornare a pensare in modo critico e costruttivo per la società.

La comunità internazionale ha sostenuto la Somalia nell’aiuto medico-sanitario e nell’assistenza ai profughi?
La comunità internazionale ci ha aiutato molto. Molte Ong sono state attive sul territorio. Hanno distribuito medicine e organizzato corsi per il nostro staff. La comunità internazionale dovrebbe lavorare con le organizzazioni locali. Se vogliamo che i cambiamenti abbiano effetti durevoli dobbiamo ripartire dalla gente. Dobbiamo metterci nell’ottica di pensare al nostro futuro senza più aiuti dall’estero. Solo in questo modo diventeremo davvero indipendenti e non saremo costretti a chiedere sostegno a nessuno.

Quale ruolo hanno le donne nella società somala? E in questa lunga crisi?
Durante la guerra civile, le donne hanno rappresentato la spina dorsale delle comunità. La maggior parte degli uomini era impegnata a combattere e molte famiglie hanno perso i padri, fratelli, zii. Sono state le donne, con le loro forze, a far crescere i figli.

E come potranno partecipare alla ricostruzione?
Il ruolo delle donne è importante. In questo senso, la mia famiglia è diventata un esempio per la nostra comunità. In passato, le donne pensavano di non potere avere un ruolo, ma osservando come le mie figlie ed io siamo riuscite a gestire il villaggio, l’ospedale, la scuola, la fattoria, hanno capito che potevano anche loro avere una voce in capitolo. Oggi nella nostra comunità abbiamo comitati per la gioventù e il benessere nei quali siedono donne e uomini che rappresentano gruppi di diverse età. Negli incontri che tieniamo periodicamente le donne si fanno carico di molte iniziative.

Dopo la nascita del governo di transizione nazionale la situazione nel Paese sta migliorando? Quale futuro vede per il suo Paese?
Il governo sta facendo cose importanti. La situazione si è stabilizzata e i somali hanno maggiori speranza per il futuro. C’è ancora molto da fare perché molto è stato distrutto in 23 anni di combattimenti. Negli anni, molte organizzazioni hanno aiutato le popolazioni garantendo loro servizi di base. Il governo deve collaborare con esse per stringere rapporti più solidi con le popolazioni. L’esecutivo deve anche ripristinare la legge e l’ordine e deve estendere il proprio controllo anche al di là della sola capitale.

Enrico Casale

© FCSF – Popoli
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