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L'ultimo kibbutz

Da un trentennio Marcelo Schliserman è membro del kibbutz Ketura, nel deserto del Neghev, l’ultima esperienza comunitaria di questo tipo rimasta.

Oggi Ketura è l’ultimo kibbutz comunitario rimasto in Israele. Nell’era della globalizzazione molti ritengono che siate un «dinosauro» che si sta estinguendo. È vero?
Temo abbiano ragione. Almeno è così per la forma comunitaria tradizionale che abbiamo cercato di salvaguardare noi. Nel mondo il socialismo è quasi scomparso e a partire dagli anni Novanta anche i kibbutzim hanno avuto un crollo: da 270 siamo rimasti in 33, ma molti hanno scelto di stravolgere l’impostazione di fondo adottando robuste privatizzazioni. Ketura ha cercato di rimanere fedele all’ideale comunitario, depurandolo però dall’utopia ideologica del passato segnata da eccessi e ingenuità. Oggi abbiamo scelto la via del capitalismo solidale, puntando molto sull’utilizzo intelligente e rispettoso delle risorse naturali, combinato all’alta tecnologia.

Avete dovuto elaborare tecniche sofisticate per riuscire a vivere in un ambiente non proprio ospitale…
Qui ci troviamo nel midbar, una particolare tipologia di deserto, simile alla steppa, ma con oasi. In quest’area l’acqua del sottosuolo è molto alta, trovandosi a 800-1.200 metri dalla superficie. Le temperature, però, superano i 50°C all’ombra in estate e il tasso di umidità è solo il 10%. Le radiazioni solari sono tra le più forti del pianeta e cadono appena 14 mm d’acqua all’anno. Proprio a causa di queste condizioni, lungo i secoli nessun gruppo, per lo meno non in grandi numeri, si stanziò stabilmente nella zona. Noi nel 1973 siamo stati i primi: il segreto è stato cercare insieme modi per bene interpretare la terra, prendendo sul serio il comando di Dio nella Genesi di «coltivare e custodire». Così abbiamo trasformato il deserto in giardino.

Quali sono le vostre fonti di reddito?
Abbiamo scelto di investire in più settori, mantenendo il focus su agricoltura e ambiente. Ketura possiede una piantagione di palme da dattero tra le maggiori del Paese, un frutteto variegato di specie da tutto il mondo e un allevamento di 500 bovini per la produzione di latte. Il nostro fiore all’occhiello è Algatech, la fabbrica di lavorazione dell’haematococcus algae, finalizzata all’estrazione dell’astaxantina. L’estratto è venduto come pigmento naturale per la cura di alcune malattie della pelle e per l’uso cosmetico. Ultimamente stiamo dando un forte impulso all’utilizzo dell’energia solare: abbiamo l’impianto fotovoltaico più grande di Israele e contiamo di raggiungere l’autosufficienza per l’intera regione entro il 2020. Il nostro istituto di ricerca, l’Arava Institute for Environmental Studies, è frequentato da studenti israeliani, palestinesi e di altri Paesi e promuove ricerche sull’ecosistema desertico.

Perché una realtà che ha promosso una tale eccellenza sarebbe in crisi?
Non è semplice per le nuove generazioni assumere fino in fondo la dimensione comunitaria. Qui tutti mettiamo insieme i nostri stipendi, che vengono utilizzati per pagare istruzione, sanità, pensioni, ecc. Il kibbutz si fa carico di questo e molto altro come vitto, alloggio, elettricità… La qualità dei servizi è alta: i nostri giovani, ad esempio, ricevono l’istruzione migliore del Paese. Ma una famiglia di 4 persone riceve solo 400 dollari al mese (2.500/3.000 in media in Israele) e il kibbutz non copre varie voci di spesa come i prodotti per l’igiene, i vestiti, ecc. Dentro al kibbutz si è ricchi, fuori no! A Ketura viviamo in 500 ma abbiamo solo quindici auto a disposizione e se ne ho bisogno devo prenotare il mezzo una o due settimane prima e rispettare gli orari. Ma resto convinto che per vivere bene basti poco e che, come è scritto sulla mia porta di casa, sharing is caring.

Monica Borsari

 

OASI DI TOLLERANZA
Fedele all’etimologia della parola biblica kibbutz, che significa «unire», Ketura raccoglie oggi 500 persone da oltre venti Paesi, di cui circa 200 con meno di 18 anni. Circa un quinto dei suoi membri è ebreo osservante, mentre gli altri sono laici. Inoltre sono presenti alcune famiglie cristiane e musulmane. L’impegno nel promuovere politiche di mutua conoscenza e rispetto è valso a Ketura il premio del Parlamento israeliano per la tolleranza religiosa. www.ketura.org.il

© FCSF - Popoli, 1 marzo 2013