Ho detto tre Messe, come i parroci italiani. Ai primi Vespri, secondo il rito di Antiochia, s’è celebrata la riconciliazione. Il Re della pace è con noi. Ci si prostra a Oriente chiedendo perdono e poi verso le sorelle e i fratelli presenti, elemosinandolo e donandolo con semplicità.
La notte s’esce a leggere il Vangelo dei pastori sotto le stelle. Al momento della «grande luce» s’accende un fuoco e si va in processione cantando con gli angeli… Grande la commozione a vedere che, nonostante i rischi degli spostamenti, c’è in chiesa un bel numero di giovani in rappresentanza di quei seimila che su Facebook hanno espresso solidarietà con il monastero del dialogo e della riconciliazione. Siamo diventati simbolo d’una Chiesa sbilanciata verso il futuro: i diritti, le libertà, la dignità di ciascuno.
Al mattino, con un compagno, scendo nel paese di An Nasriyah, a sud-est del monastero. Passiamo la ferrovia. Non ci sono più treni da settimane a causa dei sabotaggi. Arriviamo da Mariam. Da piccolissima, con la sua famiglia scesero in questa località musulmana; unica famiglia cristiana, per lavorare la terra in modo meccanizzato. Sono rimaste solo due mucche e le sue ginocchia affaticate. Noi utilizziamo la terra irrigua per il foraggio «bio» per le nostre caprette. E ci godiamo Mariam. È un’analfabeta saggia a cui tutti si rivolgono per consiglio.
La troviamo con alcune vicine musulmane venute a festeggiarla. Alla televisione una Messa araba bizantina dal Libano, tutta oro. Prendiamo te e frutta secca… sapore d’amicizia. Poi celebriamo accanto alla stufa. Il mio compagno dice che è stato il Natale più bello della sua vita!
Ritorniamo al monastero. Gli uomini armati del posto di blocco ci augurano buon Natale. Gesù è amato da tutti! Cinquanta persone aspettano per celebrare. Una strana congregazione davvero! Cristiani, musulmani e non credenti, vogliono pregare per i martiri di questi giorni tragici. Ciascuno accende un lumino per loro su un grande vassoio di rame al centro della chiesa. Ho l’impressione che i santi sui muri piangano con noi.
Mio Dio, quanto amo questo popolo! La crisi attuale mette in evidenza le magnifiche doti di tanti, specie i giovani.
Perché non vengono qui cinquantamila osservatori disarmati a salvarci? Perché non applicare i principi gandhiani alle azioni Onu di mediazione, interposizione e pacificazione? Forse è troppo tardi. Rapimenti, uccisioni, attentati suicidi, vere battaglie… e tanti funerali. V’assicuro, questa gente merita d’essere aiutata.
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