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La sete di Ismaele
Paolo Dall'Oglio
Gesuita del monastero di Deir Mar Musa (Siria)
Siria, impegno per la pace e amnesie

Nelle informazioni sulla Siria offerte in queste ultime, drammatiche settimane da alcuni media cattolici si parla molto di riconciliazione e si citano le testimonianze di ecclesiastici importanti e religiose.
Effettivamente a Homs alcuni sacerdoti esemplari hanno tentato di stabilire dei comitati di base di riconciliazione, "musalaha", per ristabilire il buon vicinato ferito a morte dai tremendi eventi dei mesi scorsi. Ciò è avvenuto in collaborazione con rappresentanti musulmani della base e con persone che si trovano tanto nelle zone sotto controllo dei rivoluzionari come in quelle sotto controllo del regime o in zone miste, dove cioè una facciata di legalità si compone con una sostanziale partecipazione della popolazione alla rivoluzione.
Questa iniziativa è stata “recuperata” dal regime ed è diventata una forma di collaborazionismo dove in nome della riconciliazione si vuole semplicemente ritornare al passato mitologico della Siria dell'armonia interreligiosa garantita dal regime degli Assad. Quasi che non si piangano decine di migliaia di morti, imprigionati, torturati ecc. Ciò che purtroppo disgusta dell'attitudine di alcuni ecclesiastici (gli unici che parlano ad alta voce, visto che altrimenti subirebbero il mio stesso trattamento o peggio) è la negazione delle immense sofferenze di questo popolo oppresso da una dittatura che ha regnato sistematicamente attraverso il terrore della tortura, della prigione ed ogni altro genere di vessazione e indottrinamento.
Questa amnesia è intollerabile e il popolo siriano non potrà perdonarla facilmente. Mi ci vorrebbero pagine e pagine per raccontarvi delle testimonianze dirette che ho raccolto riguardo alle orribili ingiustizie di questo regime verso le persone e le famiglie. Il fatto ch’esso sia stato bravo a promuoversi come eroe delle minoranze, dei musulmani moderati e dei promotori dello Stato secolare nello stesso momento nel quale si comportava da terrorista in Libano ed inviava i terroristi in Iraq e altrove, non dovrebbe rendere ciechi i pastori del gregge di Gesù di Nazareth.
La teoria negazionista, che vede nel processo siriano in corso null'altro che un progetto islamista terrorista e nella repressione null'altro che una normale campagna antiterrorista, è malvagia in radice perché coscientemente e intenzionalmente menzognera. Nessun calcolo "cristiano" può giustificare che degli ecclesiastici, uomini e donne, ne diventino il megafono o il sottile strumento di diffusione, specie utilizzando il complesso islamofobo d’un vasto settore dell'opinione occidentale. Forse interesserà sapere che siriani di tutte le obbedienze (alawiti, sunniti, cristiani, comunisti, curdi ecc) sono attivi e solidali, nel paese come all'estero, per rovesciare questo regime criminale e protetto da criminali solidarietà regionali e internazionali.
In questo momento mi trovo in Canada. Ho incontrato ieri il Ministro degli affari esteri insieme a una delegazione della Resistenza siriana. Ho proposto che il Canada riprenda caparbiamente le fila d’un’iniziativa diplomatica volta ad arrestare la guerra civile in Siria prima che sia davvero troppo tardi. La comunità internazionale non può rassegnarsi a fare della Siria il tragico teatro d’una immensa carneficina repressiva e poi, anche nel caso d’una effettiva caduta del regime a Damasco, d'una lunga e sanguinosa guerra civile tra sunniti e sciiti sulla costa mediterranea. Per le Chiese naturalmente questa sarebbe una condanna a morte.
D'altro canto la Siria non può essere il luogo di confronto armato tra interessi geo-startegici atlantici e russi. Di qui la necessità di proporre per la Siria uno statuto di neutralità simile a quello dell'Austria e della Finlandia dopo la seconda guerra mondiale. La mutazione democratica, assolutamente improcrastinabile e irrimandabile,deve avvenire con la protezione e l'aiuto delle Nazioni Unite. Oggi occorre proteggere i sunniti dalle orribili vessazioni degli shabbiha - i miliziani in maggioranza alawiti, ma anche cristiani - di Bachar el-Assad, ma domani occorrerà proteggere le loro famiglie e i loro quartieri e villaggi dalle vendette di quegli estremisti che l'irresponsabilità internazionale ha favorito. Certo, si deve fin da oggi parlare di "musalaha", come instancabilmente faccio dall'inizio della Primavera araba. La condizione della riconciliazione è il ristabilimento della giustizia e il rispetto dei diritti umani, quindi la caduta di questo, infinitamente discreditato, regime.
Naturalmente non si tratta di assumere un’ingenua attitudine acritica nei confronti dell’Islam, in Siria e altrove. È sacrosanto denunciare le violenze contro i cristiani in Nigeria, in Pakistan, ovunque. È doveroso impegnarsi, assieme ai musulmani, a combattere gli estremismi specialmente se armati (con armi convenzionali e non, di stato e non) e lavorare alacremente alla riabilitazione e la rieducazione dei giovani caduti nelle trappole estremiste di qualunque colore e tendenza.
Avremo moltissimo da fare per la “musalaha” nella Siria avvenire, e preghiamo che questa prova non si prolunghi di più e la piaga non incancrenisca ulteriormente.

© FCSF – Popoli, 27 luglio 2012