L’episcopato statunitense si è schierato apertamente contro il presidente Obama e la sua riforma sanitaria. I vescovi accusano il governo di violazione della libertà religiosa, sostenendo che la riforma costringe la Chiesa e i suoi fedeli ad agire perennemente contro i propri principi. In particolare i prelati ritengono che il riassetto sanitario non salvaguardi il diritto all’obiezione di coscienza nei casi di aborto e prescrizioni contraccettive, nemmeno negli ospedali cattolici.
In un editoriale di inizio marzo i gesuiti di America, voce del cattolicesimo «liberal», prendono invece la difesa del governo. Secondo l’editoriale il modo migliore per tutelare la libertà (anche quella religiosa) è rendere autonome e consapevoli le scelte dei fedeli, mentre servono a poco le prese di posizioni delle gerarchie. I vescovi, secondo America, avrebbero sbagliato nei modi poco pastorali, rivolti non all’opinione pubblica ma alle stanze del potere, dimostrandosi, in questo senso, attenti più alla politica che alla religione. L'articolo - sottolineando le mediazioni che sono state raggiunte nella discussione della legge - richiama anche le parole del pontefice: «La dottrina sociale della Chiesa non vuole conferire un potere sullo Stato. Né vuole imporre a coloro che non condividono la fede prospettive e modi di comportamento che appartengono a questa».
L’articolo ha suscitato un certo dibattito nella comunità cattolica Usa ed è arrivata una risposta ufficiale all’editoriale da parte di monsignor William E. Lori, vescovo di Bridgeport e responsabile del Comitato per la libertà religiosa della Conferenza episcopale statunitense.