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Ucraina: la protesta pacifica di chi cerca l'Europa
8 gennaio 2014
Dal 21 novembre, ancora una volta, a Kiev centinaia di migliaia di cittadini dell'Ucraina, Paese in equilibrio tra Europa e Russia, protestano in modo pacifico contro corruzione e politica autoritaria, nonostante la repressione governativa e il freddo invernale. L’analisi di un religioso che vive nel Paese e che per motivi di sicurezza preferisce restare anonimo

 

La sensibilità democratica in Ucraina ha alle spalle una storia di almeno quattro o cinque secoli che risale al tempo dei cosacchi. La sensibilità politica o sociale degli ucraini, diversamente da ciò che avviene in Russia, non esprime il desiderio di avere un unico leader forte. Gli ucraini sono più orientati verso la comunità, hanno un più spiccato senso di unità e compassione e respingono privilegi e regionalismo. Anche la maggior parte dei russi che furono trasferiti in questi territori al tempo di Caterina la Grande o di Stalin si adattarono a questa sensibilità locale. Esistono certamente eccezioni, ma come caratteristica generale tale sensibilità si è mantenuta.

Perciò non sorprende che oggi la popolazione reagisca contro i privilegi e l’abuso di potere che serve a proteggere pochi, contro le giuste domande della maggioranza. Stiamo vivendo il quarto momento di rivoluzione popolare da quando l’Ucraina è diventata indipendente nel 1991 e ognuno di questi momenti ha portato cambiamenti salutari nel Paese.

Ciò che contraddistingue le proteste iniziate il 21 novembre 2013 è la loro origine del tutto popolare, senza influenza dei partiti politici. I partiti di opposizione hanno cercato per tre anni di portare le masse a combattere l’evidente e intollerabile corruzione presente nel governo. Ma non hanno avuto successo per un motivo preciso: qualunque sia il partito al potere, permangono livelli troppo alti di corruzione, privilegio e mancanza di rispetto della volontà popolare.

Le speranze popolari sono state riposte per lungo tempo in una nuova generazione di politici e in nuove associazioni, come quella con l’Unione europea, in grado di portare giustizia, moralità e trasparenza nel governo, responsabilità verso la gente e libertà dalla corruzione e da una burocrazia senza senso. Sono scaturiti già molti risultati buoni derivanti dalla relazione con la Ue, in termini di nuove leggi, migliori infrastrutture, nuovi mercati, modernizzazione dell’industria, ecc. La firma di un Accordo di associazione con la Ue, dunque, potrebbe solo migliorare la vita di tutti, anche di molti tra i privilegiati.

La mancata firma da parte del presidente Janukovyc, decisa in novembre in modo improvviso e senza spiegazioni, dopo undici anni di preparazione, è stata come un lancio di dinamite sulla faglia già sensibile qui descritta: le speranze e le attese della gente sono state cancellate da quello che probabilmente è il presidente più corrotto e arrivista della storia ucraina. Questo punto merita di essere compreso perché ha dimensioni quasi apocalittiche. Senza giustificazione, senza preparazione e senza una visione alternativa, in totale mancanza di trasparenza, il presidente ha fatto ciò che ha voluto contro la volontà della maggioranza. La gente è scesa in piazza in gran numero e in tutto il Paese contro questa prepotenza. Gli ucraini, per saggezza e per le dure esperienze passate, sanno che la violenza non è la risposta che porterà al cambiamento desiderato. E con 700mila persone riunite a Kiev, avrebbero potuto violentemente prendere il sopravvento. Testimoni internazionali affermano, invece, che le dimostrazioni sono state caratterizzate da impegno, tranquillità, unità, apertura agli oppositori e perfino gioia.

La sola risposta del governo è stata la violenza. Questa perciò è la dimensione apocalittica: le domande della popolazione sono articolate, piene di speranza, pacifiche, promettono benefici per tutti e vengono avanzate alla luce del sole nella pubblica piazza, mentre il governo non ha fornito una spiegazione razionale o un argomento alternativo. Solo violenza, spesso di notte. Sembra di assistere a una battaglia tra la luce e l’oscurità.

All’interno dello stesso partito del presidente molti hanno espresso il loro nervosismo per la reazione violenta. Chi è ai vertici e ha ordinato la risposta violenta è stato sorpreso dal mancato ottenimento degli effetti desiderati. La gente non è impaurita e non è si è rifugiata per paura nel silenzio. Persone inermi sono state picchiate senza pietà, incarcerate senza un motivo, i loro avvocati sono stati messi in cella senza accuse, ambienti imprenditoriali vicini ai manifestanti hanno ricevuto «visite» della polizia, i permessi di soggiorno di stranieri simpatizzanti sono in corso di revisione, la polizia urbana cerca di multare gli autobus e i mezzi privati che trasportano i manifestanti e ci sono stati tentativi di reprimere i media. Tattiche che si sono rivelate inefficaci, mentre il governo ha dimostrato che le sue sole armi sono la violenza e la paura della violenza.

L’interpretazione apocalittica è rafforzata dal fatto che le Chiese senza ambiguità sono schierate dalla parte della gente. Cardinali, vescovi e preti hanno parlato del maidan, la piazza dell’Indipendenza a Kiev, dove si riunisce la folla. C’è una preghiera ogni ora guidata da sacerdoti di diverse confessioni. Il loro appello, come quello della piazza, è per i valori che garantiscano una società sana: giustizia, trasparenza, riconciliazione, inclusione sociale. Esprimono la volontà della piazza e alcuni rappresentanti dell’Europa sono arrivati a comprendere che la gente esprime i valori del Vecchio continente. Come è stato detto anche dalla stampa europea, gli ucraini sono europei, anche se il loro governo non lo è. Sono questi valori, le cui radici affondano nel cristianesimo e che l’Europa dà per scontati, a rappresentare il desiderio del popolo e la ripresa del Paese. Tuttavia, la luce non ha ancora vinto. Le cose possono peggiorare. L’unico segno chiaro è che verosimilmente questa è l’ultima volta in cui una tale brutalità sarà usata dal governo ucraino contro il suo popolo.

La Russia è un fattore meno determinante di quanto si possa immaginare. Dal 2006 a oggi, con argomenti pretestuosi, Mosca ha tagliato i rifornimenti invernali di gas all’Ucraina due volte, una volta ha vietato l’importazione di carne dal Paese, due volte i prodotti caseari, una volta i prodotti dolciari: tutti tentativi di spingere l’Ucraina alla sottomissione. Ma il Paese non si è mai piegato, mantenendo il proprio orientamento europeo. Per quale motivo, allora, l’attuale presidente ha fatto un inversione di rotta? Perché la Ue domanda adesione a determinati valori - oserei dire valori cristiani - ai suoi candidati membri. Tutte le valutazioni internazionali hanno mostrato che la corruzione è aumentata durante questo mandato presidenziale e, a causa della corruzione, gli investimenti si sono ridotti. Nel 2011 il presidente ha promesso all’Europa di combattere la corruzione e di apportare riforme al sistema giudiziario notoriamente toccato dal fenomeno. Ma non può affrontare nessuna questione senza minare il sistema su cui si basa la propria ricchezza sospetta.

Il Paese ora è sull’orlo del default. Avrebbe potuto ricevere i finanziamenti necessari dal Fondo monetario internazionale a interessi più bassi che dalla Russia, ma l’Occidente impone  standard di trasparenza e responsabilità. Per salvare il Paese dal fallimento e se stesso dal giudizio elettorale, la sua unica strada era la Russia, che non insiste su questi aspetti. Perfino la Cina gli ha rifiutato un sostegno finanziario.

Anche se non se ne rendono sempre conto, perché concentrati sugli attuali problemi interni, i Paesi impegnati nell’integrazione europea incarnano valori e leggi che sono «salvifici» per se stessi nonché per Paesi come l’Ucraina. In altre parole, sarebbe un progresso per l’Ucraina avere i problemi dell’Europa invece dei propri. Anche i principi del capitalismo sono terapeutici: definizione di bilancio, rendicontazione, trasparenza, obbligo di rispondere a un consiglio di amministrazione, cioè a supervisori governativi e al popolo. La Ue è presa dai propri problemi, senza scorgere la profondità morale delle proprie tradizioni e procedure. Per ironia della sorte, forse questa volta l’Ucraina ha qualcosa di stimolante da offrirle. Vale la pena lottare per questi valori, in modo insistente, pacifico, inclusivo e con la preghiera.

© FCSF – Popoli