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Una nuova tragedia a Lampedusa: le domande senza risposta
3 ottobre 2013

All'alba di oggi il mare-cimitero di fronte a Lampedusa si è allargato ulteriormente, si è fatto più nero e profondo: «Un orrore continuo», l'ha definito il sindaco dell'Isola.

Sono ancora le ore dei soccorsi, delle ricostruzioni, presto arriveranno le dichiarazioni di esperti e politici. Noi ci auguriamo che questa volta, almeno questa volta, non tutto finisca dopo poche ore di indignazione e di lacrime (magari autentiche, ma pur sempre passeggere).

Al governo dell'Italia c'è un esecutivo che è appena uscito rafforzato da un passaggio politico chiave; abbiamo un ministro degli Esteri che ha costruito la sua autorevolezza sull'impegno per la difesa dei diritti umani; abbiamo un presidente della Camera che ha dedicato non pochi anni della sua vita a tutelare le persone in fuga da guerre e carestie. A livello internazionale, la diplomazia sembra avere recuperato un po' di credibilità, dopo il sussulto che ha bloccato un assurdo intervento militare in Siria e ha obbligato il regime sanguinario di Assad a qualche timida concessione. La stessa opinione pubblica sembra progressivamente meno indifferente a queste tragedie e meno sensibile a chi si ostina ad agitare i fantasmi di supposte invasioni. Sullo sfondo, gli echi ancora intensi della storica visita di papa Francesco proprio a Lampedusa, con il suo grido contro la globalizzazione dell'indifferenza.

Non ci sono più scuse, insomma. È l'ora di agire per fermare una carneficina che dura da troppi anni. E non ci riferiamo solo al nodo della cosiddetta «politica migratoria europea»: tema delicato e cruciale, ma troppo spesso trasformato abilmente in foglia di fico per coprire la propria inconcludenza e scaricare il classico barile. Per non parlare della politica dei respingimenti, che semplicemente sposta un dramma un po' più in là, lontano dai nostri occhi, senza risolverlo.

Le domande, ancora più cruciali e sempre evase, sono: perché queste persone partono? Cosa le spinge ad assumersi rischi enormi, nella traversata di deserti e mari? Più concretamente, osservando ad esempio che una grande percentuale di coloro che sbarcano sulle nostre coste arrivano dal Corno d'Africa, qual è la nostra posizione politica nei confronti dei governi di quei Paesi? In Eritrea - come Popoli ha spesso documentato - è al potere da esattamente vent'anni un uomo che viola sistematicamente i diritti del suo popolo, Isayas Afeworki: ebbene, con lui l'Italia - con governi di destra e di sinistra - ha fatto e fa ottimi affari. Sono affari che oggi, più che mai, grondano sangue.

Stefano Femminis
Direttore di Popoli
© FCSF – Popoli